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botolo1
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Ah ok, tu ti riferivi proprio a quel bagaglio di archetipi primigeni che, al netto delle sfaccettature che assumono di caso in caso, nella loro forma più pura costituiscono le fondamenta del nostro immaginario collettivo e di conseguenza del processo creativo. No io facevo un discorso più banale, sostenendo che certe storie - nel senso di ordito e trama, ‘na summa dei vari tropes di riferimento - nascono e muoiono all’interno dei confini del genere che le ha partorite, vi instaurano un rapporto di simbiosi praticamente esclusivo e, dunque, non replicabile in altri lidi né a condizioni differenti.
SW è il perfetto esempio opposto di ciò a cui alludevo, perché è uno dei più celebri manifesti delle contaminazioni di genere - suggestioni evidentemente fantasy traslate in un contesto “altro”, in questo caso sci-fi - e da brava opera ibrida proprio dell’affrancarsi dalla simbiosi sopracitata fa sua forza trainante. Un Ciclo della Fondazione, invece, fatico a vederlo in un ambiente differente dell’affresco spaziale dipinto da Asimov, a patto di non privarlo di buona parte dell’intensità che lo rende un classico indiscusso. Poi di fondo resta una storia di cospirazioni, intrighi politici e - specie nell’ultimo dittico - esplorazione, non dissimile da una pletora di variazioni sul tema ascrivibili a qualsiasi genere - lo stesso aSoIaF condivide molto di questo nucleo duro, ad esempio - ma ovviamente più si torna all’idea “platonica” di partenza e si sfrondano le peculiarità puntuali più è facile trovare dei punti di contatto, come giustamente dicevi tu.
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