Il conte di Montecristo

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    Appunti sulle valute monetarie:
    1 scudo vale 5 franchi
    1 scudo vale 3 livre (lire?)
    1 livra dovrebbe quindi essere 1,66 franchi

    1 scudo romano vale circa 6,5-7 valute correnti (franchi?)

    100 livre toscane valgono 80 franchi (quindi 1 livra toscana vale 0,8 franchi quindi metà delle livre di cui parlavano all'inizio, e che credo fossero francesi
    100 piastre valgono 600 livre, dal contesto credo toscane, quindi 1 piastra vale 6 livre toscane (1 piastra vale circa 5 franchi o 1 scudo)
    1 scudo d'oro del tesoro (epoca borgia) vale 80 franchi
    --> si noti quindi che abbiamo almeno 3 scudi diversi: francese da 5 franchi, romano da 7 franchi (ma sospetto che questo sia un errore e debba coincidere con quelli del tesoro), del tesoro da 80 franchi
    1 sou (credo sia soldo, in italiano) è un centesimo di luigi

    un doppio napoleone (da google) vale 40 franchi
     
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    Le Comte de Monte-Cristo XXXIII-XXXVIII
    La lunga parentesi romana (o meglio, la parentesi romana dai lunghi capitoli :asd: ).
    Franz riveste a lungo il ruolo di specchio del lettore, con dubbi, percezioni e domande sul Conte (su Dantès) che spesso rispecchiano quelli del lettore (o almeno le mie :P ). Dal punto di vista di Dantès, egli funge invece da tramite per conoscere Albert de Morcerf, il figlio della sua (ex-) fidanzata e di uno dei cospiratori che l'hanno condotto in rovina.
    I banditi sono quasi ingombranti: la loro introduzione, con la storia di Luigi Vampa, è sinceramente invadente: lunga e apparentemente senza scopo, quando la si legge lascia il dubbio della sua utilità (io stesso ne ricordo un ritorno nel finale, ma queste vicende le avevo dimenticate).
    Ovviamente, le coincidenze miracolose (oggi diremmo "da soap opera") sono onnipresenti, ma questa è una delle necessità del libro.

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    Appunti sulle valute monetarie:
    1 scudo vale 5 franchi
    1 scudo vale 3 livre : 1 livra dovrebbe quindi essere 1,66 franchi

    1 scudo romano vale circa 6,5-7 valute correnti (franchi?)

    100 livre toscane valgono 80 franchi (quindi 1 livra toscana vale 0,8 franchi quindi metà delle livre di cui parlavano all'inizio, e che credo fossero francesi)
    100 piastre valgono 600 livre, dal contesto credo toscane, quindi 1 piastra vale 6 livre toscane (1 piastra vale circa 5 franchi o 1 scudo)
    1 scudo d'oro del tesoro (epoca borgia) vale 80 franchi
    --> si noti quindi che abbiamo almeno 3 scudi diversi: francese da 5 franchi, romano da 7 franchi (ma sospetto che questo sia un errore e debba coincidere con quelli del tesoro), del tesoro da 80 franchi
    1 sou (credo sia soldo, in italiano) è un centesimo di luigi franco

    un doppio napoleone (da google) vale 40 franchi


    4mila piastre sono 80mila livre francesi -> 1 piastra vale 20 livre francesi, quindi 1 livra francese dovrebbe valere 6 livre toscane?
     
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    Le Comte de Monte-Cristo XXXIX-XLI
    Il conte arriva a Parigi e viene pesentato.
    Trovo divertente notare alcune differenze insite nel periodo storico non tanto dei personaggi quanto dell'autore (anche se in questo caso la differenza è minima): così come quando erano in Italia e definivano la cucina italiana la peggiore del mondo, qui vediamo come l'uso (mescolato) di alcune droghe sia visto come frutto dell'ingegno del conte, e non come tossicodipendenza :asd:
    Conte che - come ormai siamo abituati - è sempre presentato come il supereroe del romanzo: conosce tutto e tutti, riconosce i quadri e gli autori a colpo d'occhio (nonostante si sia prima dell'era dell'informazione) e non esiste ambito in cui non sia massimo esperto al mondo.
    In tutta onestà, a tratti rasenta il fastidioso.

    La prosa di Dumas si mantiene, come in precedenza, a tratti pesante, con periodi di lunghezze sconfinate e infarciti di incisi. Non aiuta poi il fatto che gli incisi nei discorsi diretti (del tipo "benvenuto - disse alzandosi - mettetevi a vostro agio") non abbiano una chiara punteggiatura a isolarli dal dialogo, anzi spesso solo delle virgole; ma quest'ultimo punto non credo sia da imputarsi a Dumas ma al francese in sé (l'avevo notato anche nelle traduzioni di Harry Potter).

    Le Comte de Monte-Cristo XLII-XLV
    Lunghissima parentesi, apparentemente dedicata a Bertuccio e a Villefort, ma che alla fine si rivela essere giostrata fin dalle origini dal Conte, che ha scelto Bertuccio proprio per il suo rapporto con Caderousse. La fine di questo è conseguenza della sua avarizia, che era fin dalle origini uno dei tratti salienti del personaggio.
    Ammetto che se non fosse stato richiamato nel racconto non avrei riconosciuto il nome dell'abate Busoni - pseudonimo del Conte - né quindi il suo doppio gioco all'interno del racconto.
    ...non ricordo minimamente come tornerà Benedetto (ma sono ragionevolmente convinto che tornerà), in compenso mi sono riaffiorati ricordi su come reagirà Villefort.
     
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    Le Comte de Monte-Cristo XLVI-XLVIII
    Il Conte stringe i contatti con Danglars e Villefort, due famiglie che vorrà annientare: l'intreccio della trama qui evolve dalla "semplice" telenovela, con casualità incredibili (come gli intrecci fra le famiglie dei colpevoli della sua incarcerazione) fino a vera e propria assurdità, ben oltre le coincidenze possibili. Anche ammesso che sapesse prima che i cavalli della moglie di Danglars erano tanto belli e focosi, e che la moglie di Villefort li aveva chiesti in prestito, anche ammesso che avesse potuto prevederne l'acquisto e giostrarne la resa, non esiste un motivo per cui avrebbe potuto prevedere il percorso del calesse né tantomeno che i cavalli si sarebbero imbizzarriti poco prima di giungere a casa sua.
    Siamo giunti al punto in cui serve ben più della sospensione dell'incredulità per accettare la trama, ed è un peccato anche perché non ricordavo arrivasse a tanto.

    Le Comte de Monte-Cristo XLIX-L
    Breve parentesi di umanità e della bontà originaria di Dantès: con la greca prima e con i Morel dopo.
    Il capitolo con la greca mostra quanto in realtà avesse mentito con i giovani amici di Morcerf, dicendo che tanto nessuno le avrebbe mai detto che aveva diritto alla libertà, ma il capitolo toccante è sicuramente quello coi Morel, dove la maschera dura e vendicativa rischia di cedere all'affetto originario di Dantès.
    Molto molto bello.

    Le Comte de Monte-Cristo LI-LII
    Viene introdotta la figlia del primo matrimonio di Villefort - che in virtù del suo legame con Morel figlio non può non entrare subito nelle grazie del lettore. In effetti avevo dimenticato il suo ruolo e il suo legame col nonno, anche se con la digressione sui veleni mi sta ora tornando alla mente.
    Non nascondo che il titolo del capitolo - Piramo e Tisbe - ho dovuto cercarlo online (e a memoria non è la prima volta :asd: ).
     
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    Le Comte de Monte-Cristo LIII-LIV
    La trama si sposta principalmente sulla schiava greca: scopriamo che non è una schiava, ma figlia di un pasha, che non è greca, ma albanese (suppongo che qui "greca" sia da intendere più come "cultura/lingua", ma nel testo stesso Dumas parla del padre come di un albanese...).
    E, ovviamente, scopriamo il suo legame con il resto della trama, e in particolare con le colpe passate di Morcerf/Fernando.
    Come di consueto, quindi, siamo in piena sospensione dell'incredulità, con uno scenario europeo-mediorientale praticamente ridotto ai personaggi del libro (quindi una ventina scarsa), ma questo difetto - per quanto enorme - era previsto e messo in conto.

    Da una rapida ricerca su Google/Wikipedia, si possono scoprire alcuni dettagli sul padre di Haydée, decisamente non favorevoli secondo i metri di giudizio attuali (ma già due secoli fa Byron ne criticava la crudeltà).

    Le Comte de Monte-Cristo LV
    Capitolo farsa, in tutti i sensi.
    Farsa messa in piedi dal Conte, dato che questo povero maggiore Cavalcanti è una via di mezzo fra una pedina inconsapevole e un commediante, e farsa perché viene fatto apparire come un mezzo imbecille finito in un gioco troppo grande per lui (immagino sempre al fine di magnificare il Conte).
    Diciamo che avrebbe potuto ricevere un trattamento meno umiliante senza che questo sminuisse il protagonista (che tanto è già descritto come un deux in machina).
     
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    Le Comte de Monte-Cristo LVI
    Dopo la farsa del maggiore Cavalcanti, la farsa del presunto figlio.
    Molto più lucido e reattivo del "padre", il figlio pare più cinico e diretto.

    Le Comte de Monte-Cristo LVII-LX
    La trama si dipana attorno a Valentina Villefort e al nonno paralitico.
    Sebbene l'argomento principale dei capitoli sia il matrimonio di Valentina e l'eredità del nonno, nonché il legame con la famiglia di Franz (giusto per dimostrare come il conte si manifesti ancora e sempre onnisciente al limite dell'assurdo), l'accenno più interessante è forse quello alla festa di campagna, e a come Villefort abbia scoperto che la casa dei suoceri - dove pensa di aver seppellito un neonato - sia stata comprata dal conte e sia meta del suo sabato.
    La moglie di Villefort è veramente insopportabile: sembra la versione femminile di Danglars: è addolcita dal fatto che abbia a cuore gli itneressi del figlio e non solo i suoi, ma rimane egualmente meschina. A proposito: il figlio viene citato di sfuggita in un'unica frase ma riesce a confermarsi il piccolo viziato che ogni lettore probabilmente odia già dall'inizio :asd:
     
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    Le Comte de Monte-Cristo LXI
    Come non empatizzare per quel poveretto che sì riceverà una marea di soldi dal Conte, ma viene sfruttato e gestito come un burattino, senza alcun riguardo per le sue apure e la sua condizione.
    Dantès qui è ormai in pieno delirio d'onnipotenza: sebbene si continui a tifare per la sua vendetta, lui si allontana molto dal ruolo dell'oreo o anche solo di un personaggio positivo.

    Il capitolo getta ulteriore confusione sulle valute: infatti 300 franchi vengono "convertiti" in 100 scudi, ma stando ai primi capitoli uno scudo valeva 5 franchi... o è cambiato il cambio nei decenni (ma dubito che Dumas ne abbia tenuto conto a tal punto), o non voleva essere una conversione quanto una correzione (300 franchi? no, 100 scudi!), o io non sto veramente capendo niente delle mille valute in gioco...

    Le Comte de Monte-Cristo LXII
    Inizia la festa: arrivano gli invitati, si palesano alcune inquietudini, e il povero Bertuccio al momento è l'unico a pagarne veramente lo scotto.
    Per ricordarci come tutto il mondo sia racchiuso nei pochi personaggi scelti da Dumas, scopriamo che Benedetto fu figlio della Dangalrs (sebbene rimanga inspiegato come la casa fosse dei suoceri di Villefort: forse una vendita sucessiva?).


    CITAZIONE
    Appunti sulle valute monetarie:
    1 scudo vale 5 franchi
    in seguito viene però detto che 1 scudo vale 3 franchi
    1 scudo vale 3 livre : 1 livra dovrebbe quindi essere 1,66 franchi

    1 scudo romano vale circa 6,5-7 valute correnti (franchi?)

    100 livre toscane valgono 80 franchi (quindi 1 livra toscana vale 0,8 franchi quindi metà delle livre di cui parlavano all'inizio, e che credo fossero francesi)
    100 piastre valgono 600 livre, dal contesto credo toscane, quindi 1 piastra vale 6 livre toscane (1 piastra vale circa 5 franchi o 1 scudo)
    1 scudo d'oro del tesoro (epoca borgia) vale 80 franchi
    --> si noti quindi che abbiamo almeno 3 scudi diversi: francese da 5 franchi, romano da 7 franchi (ma sospetto che questo sia un errore e debba coincidere con quelli del tesoro), del tesoro da 80 franchi
    1 sou (credo sia soldo, in italiano) è un centesimo di luigi franco

    un doppio napoleone (da google) vale 40 franchi

    4mila piastre sono 80mila livre francesi -> 1 piastra vale 20 livre francesi, quindi 1 livra francese dovrebbe valere 6 livre toscane?
     
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    Le Comte de Monte-Cristo LXIII
    Continua la cena, con il conte che gioca a cuocere a fuoco basso i suoi invitati.
    La descrizione è tragicomica: mentre il conte vede e sente tutto, gli altri sono o troppo ottusi per notare alcunché o rei colpevoli di delitti (noti al conte onniscente, ovviamente) che accusano il colpo.
    Sono stupito a ripensare a quanto mi fosse piaciuto quando l'ho letto (due volte! passi la prima...) nonostante la trama palesemente instabile.


    Le Comte de Monte-Cristo LXIV
    Di nuovo, un intreccio fra i nostri personaggi: sono in dodici o quindici, ma solo loro esistono al mondo: Caderousse ha un legame con Bartolomeo/Andrea Cavalcanti.
    Questi colpi di scena potrebbero essere spunti interessanti se non fossero tanto frequenti: così diventano pretestuosi.


    Le Comte de Monte-Cristo LXV
    Questo capitolo è molto interessante: odio Danglars da quando appare nel primo capitolo, eppure qui riesce non solo a non sembrare una merda umana, ma addirittura a mostrare come - almeno in certi frangenti - la moglie sia peggio di lui.
     
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    Le Comte de Monte-Cristo LXVI-LXXV
    Ampissimo respiro del romanzo dedicato a Villefort e famiglia: prima il suo passato con la Danglars (e il bimbo sepolto vivo), poi le prime mosse contro il Conte, infine le vicende familiari (morte del suocero, assassinio della suocera, matrimonio della figlia che culmina con la confessione del padre).
    Trovo sempre difficile accanirmi contro Villefort: ha imprigionato un innocente, certo (quando avrebbe potuto salvarlo senza problemi), ma a differenza degli altri (loro sì, congiurati, almeno di fatto) non ha agito per mero interesse personale e calcolo, non ha voluto rapinare Dantès della sua posizione o della sua fidanzata, ma ha deciso di salvare il padre (e in parte la sua reputazione, ma soprattutto il padre). Seppur nell'errore, posso comprenderne le ragioni.
    Anche l'altro crimine di cui è accusato, l'aver seppellito il figlio bastardo neonato, viene attenuato quando scopriamo che lui (come la madre) era sinceramente convinto che fosse nato morto.
    Insomma, non è uno stinco di santo, ma non è la merda che è Danglars, il falso e traditore Ferdinando né l'avido codardo Caderousse (che rimane molto meno colpevole di questi due).


    Inevitabile flash Westerosiano leggere il capitolo su pane e sale, e sulla collegata tradizione araba! :o:
     
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    Le Comte de Monte-Cristo LXXVI-XCI
    Procedono a grandi balzi le trame di Caderousse e di Morcerf (padre e figlio).

    Il giovane Benedetto è la merda che sappiamo essere, e le prova tutte prima di riuscire ad ammazzare Caderousse: non che questi non se lo meritasse, alla fine, ma di certo Benedetto è marcio dentro. Con Caderousse abbiamo l'unica chiave di lettura che giustifica la trama di coincidenze, inverosimiglianze e eccezionalità: la Provvidenza sta muovendo la vendetta e Dantès non è che un suo strumento.
    Non mi fa impazzire, e rovina agli occhi moderni tutta l'idea del libro e della vendetta stessa, ma almeno rende la trama "non assurda" :P

    Dalla rottura del fidanzamento di Morcerf e della figlia di Danglars riprende la trama di Gianina e dell'Alì Pasha, che porta allo scontro fra il giovane visconte e Dantès, e - soprattutto - al raffronto fra il protagonista e la vecchia fidanzata.
    Qui credo ci siano alcuni degli aspetti più distanti dal lettore contemporaneo: Mercedes è cmq sposata a Fernando, quindi l'unica fine che contempla è quella del convento, ma nessuno ipotizza mai che possa tornare da Dantès. Oggigiorno, anche se solo per dichiararla impercorribile, sarebbe stata una strada valutata e ipotizzata. E non è solo una questione di "niente divorzio in terre cattoliche", dato che Mercedes presto diverrà vedova.
    ...ma è anche vero che nel contempo Dantès scopre l'affetto di Haydee, ed è totalmente accettabile l'idea che sposi una sua ex-schiava molto più giovane. ...forse Dumas non si sarebbe scandalizzato nemmeno per Woody Allen che ha sposato la figlia adottiva :trolling:
     
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    Le Comte de Monte-Cristo XCII
    Si chiude tutto l'arco narrativo dei Morcerf, con la grande vittoria di Montecristo.
    Mi ha stupito il silenzio fra Mercedes e Fernando: posso capire lo sdegno per il suo passato svelato, ma almeno un confronto, anche rabbioso, l'avrei trovato naturale; forse però non comprendo lo spirito del periodo.

    Le Comte de Monte-Cristo XCIII-XCIV
    Galoppa la trama di Villefort, o meglio di Valentina e di Morel.
    A riprova di quanto Dantès sia legato a Morel e alla sua famiglia - e a ragione - vediamo come lui riesca perfino a farlo desistere da parte della sua vendetta, accettando di salvare la figlia del nemico.
    Di nuovo, Montecristo insiste sull'opera vendicativa della giustizia divina, aiutando in qualche modo a giustificare la sua presunta onnipotenza (molto più facile accettare questo in un romanzo piuttosto che vedere un marinaio che diventa un deus ex machina).
     
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    Le Comte de Monte-Cristo XCV-CXI
    Per ovvi motivi non ho avuto tempo di commentare ogni capitolo (o gruppetto) che ho letto nel tempo.
    Mi sono però fermato al capitolo 111, quando Villefort impazzisce e Montecristo comprende di essersi eretto troppo in alto ed arrogato troppi diritti.

    Non ricordavo questi dubbi in Edmond, e mi fanno molto piacere.
    Ma vorrei spendere due parole - ancora - a favore di Villefort: la sua colpa (agli occhi di Edmond) è di averlo condannato. Verissimo, ma l'ha fatto per proteggere il padre, ancor più che lui stesso! Posso capire che non venga presa come attenuante (anche se rispetto all'avarizia e alla vanità degli altri rimane moralmente molto differente), ma non capisco come Edmond stesso possa ora trattare Noirtier, il padre di Villefort, quasi come un alleato, quando è stata la sua cospirazione a dare il via agli eventi in cui è rimasto incastrato!

    Non ricordavo che Villefort impazzisse: pensavo sarebbe morto anche lui.
     
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    Le Comte de Monte-Cristo CXII-CXVII
    Finale per molti versi anticlimatico: dopo un intero libro dedicato alla vendetta, Edmond si vota al perdono, giungendo a perdonare quello che più di tutti lo ha colpito e rovinato: Danglars!
    Il messaggio di Dumas è religioso, forse educativo, e lo si può accettare.
    L'ultimo capitolo però è uno strazio, con il Conte che prolunga inutilmente la sofferenza di Morrel anziché rivelargli subito di Valentine.

    I destini finali dei "buoni" sono tutti telefonati, ma è comprensibile per varie ragioni (storiche, tipologia di romanzo, filosofia dell'autore...).
     
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