E Venne Il Giorno

Capitolo 0: La Rinascita Dei Vendicatori

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    Cavaliere D'Oro dei Gemelli

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    - Iron Maniac (botolo1)
    - Capitan America (Ifirid)
    - Varg (Trono Nero)
    - Antithesis (Jacques Fogna)
    - PK (Ferry)
    - PNG vari (Dead Man89)
    - Special Guest Star (????)


    Da qualche parte ad Hellheim

    Un draugr giunge dalla sua padrone Hela dea asgardiana dei morti.

    Mia signora suo padre è qui.

    La donna lo guarda con disgusto poi afferra la sua testa e senza sforzo lo fa dissolvere in un nube di polvere azzurra.

    Lo so.

    In quel momento con una nuvola di fumo verde Loki dio asgardiano degli inganni appare al fianco della figlia.

    Suvvia quanto astio. Non sei contenta di vedermi Leah?

    Taglia corto. Cosa ti serve? E fa in fretta non ho tempo da perdere. Ho un inferno gelato da governare, grazie a te.

    Ok ok che modi. dice il dio dell'inganno con un sorriso sardonico in volto

    Sono qui per conto dell'uomo in blu. Sono certo che qualcuna delle anime che sono qui ti avrà informata della sua presenza e delle sue intenzioni.

    Sei davvero caduto in basso padre, per aver ceduto alle pressioni di quell'insulso forestiero.

    Che ti devo dire? Mi ha fatto un'offerta che non ho potuto rifiutare. E poi sai quanto mi diverta un pò di caos ben orchestrato

    Certo, certo. Eppure mi è stato riferito che una delle sue alleate non ha avuto quello che voleva

    Il viso di Loki per un attimo si rabbuia poi recuperato il suo infido sorrido il dio risponde. Alza le spalle e solleva le braccia tenendo i palmi in alto

    Karnilla è stata sconsiderata ed avventata ed ha pagato caro per questo. Dannati midgardiani. Sono sempre in mezzo ai piedi. E guarda caso sono qui proprio per questo.

    Parla se devi ma fa in fretta e senza giri di parole.

    -------------------------------------------------------------

    Nel suo ufficio all'ultimo piano della Stark Tower Tony Stark ripensa a quando era un eroe in armatura. Sono passati anni da quando ha deciso di abbandonare quella vita per dedicarsi agli affari. A volte gli manca la libertà che comportava, erano tempi non sempre semplici ma sicuramente più spensierati.

    Certamente non gli manca l'essere costretto ad indossare la piastra pettorale dell'armatura per poter vivere. Ma i suoi amici sì. Thor e Capitan America. Occhio di Falco e la Vedova Nera. Perfino quel borioso arrogante di Pietro Maximoff. Non si è mai pentito troppo della sua decisione ma non può fare a meno di pensare a cosa avrebbe potuto fare se tutto fosse stato diverso.

    Tante cose sono successe qualche volta è stato anche sul punto di tornare in azione. Era presente al processo di Kinping durante l'attacco dei demoni ma non aveva l'armatura. C'era anche durante la notte più buia. In entrambi i casi nuovi eroi più giovani e promettenti hanno lottato al posto suo da una parte alimentando il suo senso di colpa dall'altro rassicurandolo sul fatto che c'erano comunque eroi disposti a lottare.

    Ogni volta che succede qualcosa di importante i dubbi ed i rimorsi attanagliano la mente di Tony Stark. Sa che l'attacco a Los Angeles è solo l'inizio di qualcosa di grosso ma non ha idea di cosa sia. A tutto questo si aggiunge la presenza di un uomo in armatura che vaga per le strade.

    Sa dell'esistenza degli universi paralleli, ha sospettato che qualcuno avesse rubato una delle sue armature ma non ne manca nessuna. Non gli piace l'idea che ci sia un nuovo Iron Man ma ha sempre saputo che sarebbe successo prima o poi. E da futurista quale è sempre stato sa che chiunque sia prima o poi verrà da lui. Forse ad ucciderlo, forse a cercare consiglio, forse a chiedere aiuto. Non importa. Lui lo attende con curiosità ed impazienza.
     
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    Non sapeva bene perché si trovasse lì.
    Anche adesso, così vicino a quella dannata torre da essere praticamente immerso nel suo colossale cono d’ombra, una parte di lui continuava a trovare profondamente sbagliata una distanza così pericolosamente risicata, come se un contatto troppo prolungato potesse riconciliarlo con un lato della sua esistenza che credeva di aver ripudiato tempo addietro e, peggio ancora, prima ancora che se ne accorgesse risanare un’antica ferita che si era meticolosamente premurato di lasciare aperta.
    Non negava che nelle settimane precedenti, mentre a poco a poco tutte le tessere di un puzzle che oggi culminava con quella visita finivano al loro posto, la prospettiva di quanto ventilato - gentilmente, ma con l’irriducibile determinazione che gli era tanto familiare - da Rogers gli era sembrata ragionevole, se non addirittura appetibile nei rari momenti in cui si concedeva una stilla di cauto ottimismo; tuttavia, adesso che la reale dimensione di ciò a cui aveva acconsentito lo assaliva per la prima volta in tutta la sua schiacciante concretezza non riusciva a togliersi di dosso una spiacevole sensazione di inquietudine, di pericolo imminente a cui, peraltro, si abbandonava non con il candore ignaro della vittima ma, piuttosto, con il senso di colpa del complice.
    Eppure sentiva che qualcosa in lui era già cambiato e, per quanto non fosse ancora certo se reputarlo un bene, d’altro canto sapeva anche che negarlo avrebbe significato mentire, soprattutto a sé stesso: l’influenza di Steve aveva sempre avuto un effetto tangibile sugli altri, dal cittadino qualunque che ne seguiva le gesta dall’altro lato di uno schermo all’esiguo gruppo di privilegiati che, sin dal suo esordio quasi un secolo prima, avevano condiviso l’onore di potersene definire alleati o addirittura amici. Era difficile restare insensibili all’ascendente di Capitan America, soprattutto perché sembrava davvero che quella sorta di aura magnetica vi irradiasse spontaneamente ed in maniera del tutto istintiva, senza che il suo proprietario ne avesse in effetti alcun controllo...
    ed infatti è proprio per questo che è così efficace
    meditò, vagamente sovrappensiero
    gli viene così naturale che nessuno potrebbe ragionevolmente dubitare stia agendo in completa, assoluta buonafede.
    Dal canto suo, pur dissimulando il tutto sotto la consueta patina di ironia che, ora che ci pensava, a parti invertite a Rogers doveva probabilmente apparire altrettanto familiare - esclusa forse l’inedita vena di cinismo di cui l’aveva intrisa la parentesi da Iron Maniac - era palese che a quell’influsso fosse più vulnerabile di un ragazzino cresciuto con il mito del vecchio eroe scomparso decenni addietro... dopotutto lui ERA stato uno di quei ragazzini, solo che a differenza loro dopo il ritorno del Capitano aveva avuto modo di approfondirne la conoscenza.
    E di vederlo morire, ovviamente.
    L’unico sollievo all’ondata di dolore che lo azzannava ogni volta che tornava a pensarci era poter ammettere di non esserne il diretto responsabile: magra consolazione, forse, ma non per chi aveva perso da tempo il numero delle proprie vittime.
    Era dunque questo il reale motivo? Ad un tratto sentiva che c’era del vero in quella riflessione, per quanto improbabile potesse apparire che finora gliene fossero sfuggite le ramificazioni più rilevanti: non un semplice tentativo di fare ammenda quindi, ma piuttosto il commiato da un vecchio amico a cui sentiva di dovere ancora un ultimo favore? Le implicazioni della nuova prospettiva lo scossero profondamente, ma dall’altro lato gli conferirono una maggiore risolutezza dal retrogusto agrodolce.
    Sospirò e si terse la fronte, su cui nel frattempo si era accumulato un velo di sudore freddo ed appiccicaticcio; avrebbe tanto voluto imputarlo al sole cocente, ma uno sguardo fugace alla cappa di oscurità che lo circondava lo fece sentire immediatamente parecchio ipocrita.
    Rimase lì, in attesa di quell’eco del suo amico morto in un altro mondo ed in un altro tempo, in attesa, forse, della sua seconda opportunità.
    All’irrequietezza di poco prima aveva fatto seguito una sorta di strano fatalismo rassegnato, come se già in un passato remoto gli eventi che avevano finito per condurlo lì fossero stati messi in moto da una forza superiore ed ineluttabile che rifuggiva ogni suo controllo e Tony cominciasse ad accorgersene solo adesso.
     
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    ... La destinazione è davanti a voi, a duecento metri. Proferì Garmr, il medaglione "magico" di Varg. Egli lo osservò e, notata la grande torre di fronte a lui, si rivolse all'oggetto. Grazie dei tuoi servigi, Garmr. Puoi andare. Le luci dell'oggetto si spensero e l'Úlfheðinn si rivolse alla ragazzina che, volando, lo teneva per le braccia. Scendi, Thorunn. Disse.
    Ma dai, tanto sarà di sicuro in cima, che senso ha farsi tutti i piani a piedi? La logica era stringente, ma Varg aveva ormai imparato abbastanza consuetudini midgardiane da sapere che doveva evitare certe cose. Tipo la sincerità e "l'andare dritto al punto". Tuo padre ha sempre parlato in termini lusinghieri dei suoi vecchi compagni. Non voglio disonorarli comportandomi in maniera troppo altezzosa. Thorunn ridacchiò. Eppure, ormai sei un Dio... Varg sbuffò. Non sono un bel niente, ora scendi, per favore. La ragazzina planò delicatamente finchè, qualche minuto dopo, non si ritrovarono a terra, ad una cinquantina di metri dal grosso spiazzo antistante la Stark Tower. A quella visione, il malumore mandato via a forza dalla ragazzina, eruppe di colpo, seppur in maniera silenziosa. Divenne silenziosa e di umore cupo. Il ricordo del disastro della sua linea temporale e di quel Tony smemorato, tanto gentile quanto apparentemente indifeso, le faceva montare un nodo allo stomaco. Era come la nostalgia per un parente morto da poco, sebbene non potesse dire di conoscere a fondo quel simpatico vecchietto. Mi hai sentito? Disse il Guerriero Lupo. Cosa? Disse lei, riuscendo a distogliersi da quel magone. Lascia discutere me. Non parlare di tuo padre, non parlare di niente. Lei lo ascoltò, sebbene si sentisse molto lontana. Agli ordini. Disse, distratta. Varg, che era come un bambino, idiota ma ricettivo, notò subito il cambiamento di umore e le mise una mano sulla spalla, abbassandosi per stare alla sua altezza. Prima o poi dovrai parlarmene. Disse. Ora non mi va. Rispose. La ragazzina non aveva ancora deciso di confidarsi e Varg non aveva insistito, sebbene sapesse che, prima o poi, si sarebbe arresa. Figlia di Thor o no, era pur sempre una bambina. Per quanto matura, non era giusto che sopportasse quel peso da sola. Questo pensava Varg che, tuttavia, essendo avaro dei propri spazi, capiva quando un altro si comportava nello stesso modo. Lasciò la mano della ragazza e si diresse verso la torre. Non si accorse che Thorunn si era incantata a vedere qualcosa.
    Varg si diresse a passo deciso verso l'entrata, quasi stesse per entrare in un covo di Jotnar, e fu sul punto di battere (probabilmente fracassando tutto) sulle vetrate, quando notò che si aprirono da sole. Umpf... Farfugliò, notando che una tale entrata lo privava di un'entrata ad effetto. Battere su di esse, come se si trattasse di un portone, sarebbe stato molto più soddisfacente. Entrò e si trovò assediato da una marea di schermi e voci concitate. Gente andava e veniva, di fretta, portando scatoloni e fogli, tutti vestiti elegantemente alla maniera midgardiana. Erano talmente indaffarati che nessuno parve vederlo e questo stupì Varg per primo, dato che sapeva di avere un aspetto "particolare". Si girò verso Thorunn per avere soccorso, dato che lei pareva ferrata riguardo queste cose, ma non trovò nessuno. Spaventato, e con un'apprensione crescente, uscì dalla torre, alla sua ricerca.
    Si sarebbe reso conto solo dopo di quanto si era apparentemente preoccupato.

    Ma Thorunn era rimasta fuori perchè aveva visto un fantasma.
    Aveva notato uno strano signore che, ad una prima occhiata, le aveva dato solo una strana sensazione di dejavù. Ad una seconda occhiata, invece, quasi i suoi passi fossero stati guidati da un capriccio delle Norne, sentì un tuffo al cuore che, unito al "torcibudella", gli fece avere un secondo di vertigini. Tony Stark era lì, davanti a lei. Ma c'era un problema.
    Il suo volto era ricoperto di cicatrici e aveva uno sguardo (a suo dire) vuoto, molto diverso da quello che aveva conosciuto. Pareva non averla notata, sebbene lei fosse rimasto a guardarlo per molti secondi. Nella sua testa, in quegli attimi, balenavano diverse immagini e ricordi che aumentarono il suo senso di smarrimento. Distolse lo sguardo, notando di essere sola e sentendo, per un istante, la sensazione sgradevole di trovarsi completamente sola. Non conosceva nessuno, a parte Varg, e quest'ultimo pareva sparito. Probabilmente, pensò, si era diretto verso la torre, dunque l'avrebbe trovato subito, eppure quella sensazione di solitudine l'aveva colpita più di quanto sospettasse. Non solo, aveva apparentemente cancellato quel magone, quasi in virtù del famoso proverbio "ubi maior, minor cessat". Ma l'Úlfheðinn le stava già venendo incontro, tutto trafelato. Lui non disse niente, notando solo che lei, con la coda dell'occhio, sembrava sbirciare verso quello strano signore. L'Asgardiano capì che c'era qualcosa di strano semplicemente guardandolo in viso. Immaginò un passato di battaglie e di onore, ma tutto venne smorzato dallo sguardo cupo dell'uomo. Qualcosa, invero, non va. Pensò, senza dire niente. Prese Thorunn per mano e, senza trascinarla, entrò di nuovo nella torre. L'usuale frastuono gli fece stringere gli occhi e digrignare i denti.Aiutami, che devo fare? Ma la ragazza continuava a vedere spettri. Si girò verso destra, avendo paura di quello che poteva vedere ed era lì. L'ascensore, che lei ricordava in quel posto, era effettivamente dove lei si aspettava che fosse. Rabbrividì. Andiamo alla reception. Indicò un bancone dietro il quale stava seduta quella che pareva un'impiegata dai capelli rossi. Il Guerriero Lupo colse l'occasione per distrarre la sua angustiata bambina. Dai, annunciami. Lei lo guardò male. Scusa? Rispose. Sono un messaggero della Città Dorata, qualcuno deve annunciarmi. La ragazzina rimase interdetta. Su, "scudiero". Thorunn, da un lato, voleva imprecare, dall'altro le veniva da ridere. Decise di stare al gioco perchè era una bambina e ai bambini piacciono i giochi. Un momento di attenzione, prego! Disse, dopo essersi gonfiata il petto. Il mio padrone, il prode Varg Vingulv, Úlfheðinn nonchè Dio Asgardiano e messaggero di Thor, il Padre di Tutti, è giunto nel vostro castello portando importanti messaggi per il vostro signore! Disse inchinandosi verso Varg che, capita l'antifona, alzò il mento per darsi un tono da nobile. Thorunn si era impegnata ad usare termini desueti, come "castello" e "signore", apposta, in modo da apparire più autentica. Invero, cerco Tony, della casata Stark!
    A sentire quelle parole, qualcuno scoppiò a ridere, ma nè Varg nè Thorunn ne capirono il perchè.
    Ad ogni modo, l'Úlfheðinn si sforzò di mantenere quella postura, sebbene si sentisse un idiota, sperando che la tizia dietro il bancone, o chiunque altro, gli rispondesse e gli dicesse quello che voleva sentirsi dire. Thorunn intanto lo guardava e il suo viso gli comunicava qualcosa tipo: "cosa avevi detto sull'altezzosità?".
    Sarebbe stata una lunga giornata.
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    PG: Capitan America (Steve Rogers)
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    Come ogni mattina da quando aveva iniziato il servizio militare, Steve era già in piedi alle cinque, letto fatto e pronto per la giornata. I residui dei suoi giorni in servizio avevano non solo il lato positivo di donargli più tempo concedibile al lavoro, ma gli consentiva anche di guardare il sole sorgere nella sua buona vecchia Brooklyn. Molti nelle sue condizioni si sposterebbero nei palazzi più imponenti, alcuni suoi cari amici lo avevano fatto da tempo, ma c'era qualcosa di magico nel vivere dove era nato e cresciuto.
    Corsa mattutina nelle strade della città, bagel da Montague appena sfornati e si sentiva subito rinascere. Di solito preferiva un bialy, ma quella giornata era importante e voleva cominciarla con qualcosa di più nostalgico.
    Finito il pasto mattutino era ora di tornare a casa e terminare l'allenamento, senza scordare il quotidiano da leggere per informarsi delle ultime novità. Fortunatamente Stan, il postino del suo quartiere, gli lasciava sempre il giornale sullo zerbino: uomo d'oro.
    Mentre prendeva a pugni il sacco da boxe pensò a cosa potesse dire a Stark...riguardo a Stark. La situazione era particolarmente delicata e, mentre aveva posto il problema di convincere il suo Tony ad accettare il suo doppione parallelo come qualcosa di relativamente semplice da fare quando doveva tranquillizare Iron Maniac, non era esattamente quello il caso: aveva fiducia nelle capacità logiche appartenenti al Tony della sua Terra, ma tutti avevano limiti e dover gestire una versione di se stesso macchiatasi di vari crimini poteva forse essere quello di Iron Man. Doveva pensare accuratamente a cosa riferire e come farlo oltre a sperare nella buona volontà dei partecipanti. Lui si sarebbe impegnato al massimo.
    Una rapida doccia seguita da una abbondante colazione dopo, era il momento di andare a mettere alla prova le sue capacità da oratore e mediatore: prese la sua motocicletta e si diresse verso la Stark Tower.
    Un vagone di ricordi lo colpì quando si trovò nella piazza al di fuori dell'edificio, tra i primi incontri dei Vendicatori e le innumerevoli volte che aveva tirato quasi a forza Tony fuori dall'ufficio per fargli mangiare un pasto decente ad orari accettabili. Non che fosse qualcosa di raro: essere un uomo fuori dal tempo voleva anche dire vivere in una costante nostalgia in ogni angolo di New York.
    Venuto in abiti civili, era abbastanza semplice non farsi riconoscere: non tutti erano in grado di riconoscere Capitan America quando non era in rosso e blu. Una visione diversa dal solito quella dei cittadini che non venivano in stormo attorno a lui per fare foto o sentirgli dire qualche frase patriottica ed ispiratrice, ma molto ben accetta; dopotutto anche i simboli di pace hanno bisogno di un momento di quiete ogni tanto.
    Tale pace fu rotta dal notare una figura ben larga passargli accanto; per un attimo gli sembrò di aver visto Thor ma quel pensiero fu presto superato in quanto ben sapeva degli impegni del signore di Asgard e dubitava potesse metterli da parte solo per andare a far visita ad un vecchio amico.
    La figura si rivelò invece essere un uomo di chiara fattura asgardiana che parlava con una ragazzina alquanto familiare, anche se non era certo del perchè, mentre si dirigeva verso la torre: forse un problema, forse un vantaggio. Ne avrebbe valutato la natura in seguito.
    Il fato, tuttavia, volette tirargliene una e la bimba, separatasi dal possente accompagnatore, si bloccò proprio di fronte all'uomo con il quale doveva incontrarsi rimanendone come stregata, la sua espressione che ricordava esattamente quella fatta dal Tony parallelo quando aveva visto lui sano e salvo. Fortunatamente l'omone tornò subito indietro a recuperare la piccola e Steve potè finalmente incontrarsi con l'uomo della quale vita futura dipendeva principalmente dal discorso e probabile scambio di urla che sarebbe avvenuto di lì a poco entro le mura dell'edificio loro vicino.

    Attiri un pubblico inaspettato, vedo. Son lieto di vederti qui.

    Un saluto gentile e caloroso, per molti sarebbe stato fin troppo visto l'uomo al quale veniva rivolto. Ma Steve Rogers non era "molti" e non si curava di tali pensieri, per lui quello che era di fronte era qualcuno che aveva bisogno di aiuto che lui poteva offrire, ed era suo compito e decisione fornirne quanto più possibile.

    So che deve sembrare tutto molto surreale ma per ora è meglio concentrarci sul perchè siamo qui ed andiamo a fare questo incontro, okay? Cerca di non farti notare troppo dai lavoratori della torre, riconoscerebbero facilmente il tuo volto.

    Avrebbe guidato Tony, confortandolo e rassicurandolo se avesse avuto dubbi lungo la strada, fino alla reception del palazzo dove avrebbero incrociato una ulteriore volta i due particolari individui, impegnati in quella che pareva essere un annunciamento degno di antiche storie riguardanti la tavola rotonda. Trattenne le risate come le lacrime, essendo la scena paratisigli di fronte estremamente simile a come Thor tendeva a comportarsi nelle sue prime esperienze con l'età moderna, preferendo invece concentrarsi su una parte molto importante di quanto detto e rispondendo di conseguenza.

    Una presentazione un pò inusuale, ma ben degna del signore di Asgard, son sicuro Thor ne sarebbe onorato.

    Anche se forse un pò imbarazzato.

    Steve Rogers, posso portarvi io da Tony. Non ho un appuntamento ma credo che se farete sapere al vostro capo che son qui per lui ci farà salire tutti e quattro molto volentieri. Ho affari molto importanti da discutere con lui.

    Si premurò di mostrare la documentazione adeguata alla reception anche se il suo volto era alquanto inconfondibile per chiunque lo avesse visto almeno una volta senza maschera, soprattutto ora che si era tolto il cappello e la sua bionda capigliatura era ben visibile.
    La giornata prospettava già modifiche a quanto non fosse previsto, ma forse erano al fine di un buon risultato. Solo il futuro avrebbe potuto dirlo.
     
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    Mentre attendeva che Steve si facesse vivo, in una posizione opportunamente defilata così da scongiurare la malaugurata epifania di qualche passante troppo curioso, Tony non poteva fare a meno di saettare lo sguardo dappertutto, incapace di mettere a tacere quella fastidiosa vocina sibilante che continuava ad ammonirlo per l’eccessiva avventatezza.
    Sapeva che buona parte delle sue remore fossero esclusivamente da imputare alla paranoia instillatagli da anni al servizio di quello che adesso aveva ricominciato a reputare il lato sbagliato della barricata, come gli strascichi di una malattia perniciosa che tarda a togliere il disturbo anche dopo essere stata debellata, ma qualcosa gli diceva che ci sarebbe ancora voluto del tempo prima che riuscisse a lasciarsi alle spalle una simile, spiacevole deformazione professionale.
    Sempre ammettendo che l’incontro andasse per il verso giusto.
    Era uno scenario che aveva convenientemente trascurato, forse in parte addirittura inconsapevolmente, ma a ben pensarci ora gli appariva significativo che nelle settimane precedenti né lui né Steve vi si fossero mai soffermati più di tanto: entrambi condividevano un cauto ottimismo, e se in effetti quello di Tony era più il riflesso del sentore che scorgeva nel Capitano - corroborato dalla consueta aura di positività che questi irraggiava - sarebbe stato abbastanza controproducente abbandonarsi al solito disfattismo, specie a priori.
    Anche così, però, sembrava quasi che più l’ipotesi si facesse concreta più la possibilità che si risolvesse in un buco nell’acqua acquisisse un sinistro alone di tabù, come se per qualche strano motivo non parlarne potesse scongiurare il verificarsene.
    D’altro canto Tony si sentiva ben lungi dal poter realmente biasimare il suo amico: leggendario altruismo di Capitan America o no, era comunque notevole che Rogers avesse accettato di garantire per lui senza nemmeno realmente conoscerlo.
    Era un azzardo, sì, ma uno per cui Stark gli sarebbe sempre stato estremamente grato comunque fosse finita.
    Per un attimo si chiese se non fosse arrivato il momento di considerare che questa conveniente via d’uscita, palesatasi pressoché dal nulla come il più tradizionale deus ex machina, avrebbe in effetti potuto sortire risultati differenti da quelli auspicati, rigettandolo nello stato di inedia in cui versava dopo la morte - era questo l’unico termine ad apparirgli adeguato - della sua corazza, ma dopo una rapida riflessione concluse che prima di correre agli eventuali ripari tanto valeva accantonare le congetture per qualche altra ora ed attendere piuttosto il responso vero e proprio.
    Facile a dirsi: da qualche parte della sua immaginazione continuava comunque a vedersi com’era prima di incontrare Rogers, un’ombra sbiadita di sé stesso condannata ad una grama esistenza all’insegna della mediocrità, e l’idea che quello potesse tornare ad essere il suo destino lo ripugnava e spaventava. Era pur sempre Tony Stark, ed in qualunque realtà l’anonimato non gli era di certo la dimensione più congeniale.
    Mentre era ancora perso nei propri pensieri una visione inattesa lo riscosse, colpendolo con l’intensità di una doccia gelata e provocandogli una nuova ondata di terrore che gli avvinghiò lo stomaco; in qualunque altro frangente gli sarebbe senza dubbio apparsa una reazione esagerata a quanto gli si era parato di fronte, ma se il suo particolare stato emotivo sarebbe già stato una ragione sufficiente a giustificarla doveva ammettere che ad averlo gettato nel panico era stata più l’espressione dell’indesiderato ospite che l’idea di essere stato individuato: sul volto di quella strana bambina, per quanto assurdo, aveva letto un misto di consapevolezza, rimpianto e confusione.
    Il suo primo istinto fu di darsi alla fuga, sparire di lì il più velocemente possibile prima che la ragazzina si mettesse ad urlare compromettendo quell’equilibrio precario da cui dipendeva il successo del suo intento di non dare nell’occhio, ma subito dopo fu costretto a realizzare che scappando avrebbe pregiudicato la buona riuscita di un incontro in cui aveva riposto ogni speranza di riscatto.
    Prima che il suo cervello, momentaneamente annebbiato dallo shock, potesse partorire qualcosa di meno avventato alla mocciosa si unì un energumeno a dir poco pittoresco, fasciato da un completo anacronistico e dall’evidente foggia asgardiana che l’avrebbe reso uno spettacolo peculiare anche per il più scafato dei newyorkesi; da una parte Tony fu quasi sul punto di tirare un sospiro di sollievo, certo che un tale figuro avrebbe inevitabilmente distolto l’attenzione da un modesto sosia di Stark - e pure bruciacchiato - come lui, ma dall’altra dovette impegnarsi a reprimere una secondata ondata di nausea quando anche il nuovo arrivato si mise a fissarlo con uno sguardo indagatore e vagamente preoccupato.
    Per fortuna, tuttavia, la curiosità dell’insolito duo nei suoi confronti sembrò tanto intensa quanto fugace, tanto che pochi istanti dopo erano già in marcia verso... la torre.
    Doveva immaginare che non se li sarebbe scrollati di dosso così facilmente.
    Ma apparentemente il destino aveva ancora in serbo qualche sorpresa, come se intendesse ripagarlo per tutto quel tempo che l’aveva lasciato lì ad attendere: la voce di Steve lo fece sobbalzare, e ci volle qualche istante prima che la riconoscesse e si voltasse nella sua direzione per accoglierlo a dovere.
    Nella sua mente si fece sfuggire un’imprecazione, deluso da sé stesso per quella pessima prima impressione. Sperava davvero che non fosse l’antifona dell’intera giornata.
    Attiri un pubblico inaspettato, vedo. Son lieto di vederti qui.
    Il fascino degli Stark. E delle cicatrici.
    Sono praticamente irresistibile.

    Fiacca, ed un po’ patetica.
    Più o meno come lui in quel momento, d’altronde.
    Annuì al successivo suggerimento di Rogers, poi lo seguì cercando di adottare una postura risoluta.
    A dire il vero aveva pensato di occultare i propri lineamenti, un po’ come già fatto in passato, ma per qualche ragione nelle ultime settimane ne aveva progressivamente fatto a meno, ritornando a sfoggiare apertamente il proprio volto come se volesse iniziare a riprendervi confidenza. Avventato, forse addirittura pericoloso, ma fare altrimenti adesso gli sarebbe parso ipocrita.
    Varcarono la soglia e dovettero sorbirsi la seconda parte del grottesco spettacolo di poco prima, con lo pseudo-asgardiano che declamava i propri sedicenti titoli con un atteggiamento da brutto surrogato di un’opera shakespeariana, e se Cap reagì con il suo solito entusiasmo bonario Tony si limitò a roteare gli occhi e a tacere.
    Se non altro, con Steve al suo fianco aveva riacquisito una stilla di ottimismo.
    Post extra così da trovarci tutti all’interno :sisi:
     
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    Ovviamente non appena Iron Maniac varca la soglia dell'edificio insieme a Steve Rogers vengono entrambi scansionati dal sistema difensivo così come chiunque entri. Dopo l'attacco alle Stark Industries due anni prima Tony ha potenziato di molto i protocolli, sono invisibili e poco invasivi ma permettono di identificare con estrema precisione la razza e la natura di qualunque visitatore della torre.

    Non appena un altro Stark viene rilevato Tony viene immediatamente avvertito, sapeva che sarebbe arrivato questo giorni, troppe volte era stato ospite di altre realtà o di possibili sè stessi futuri o passati per credere che non si sarebbe ritrovato anche lui dall'altra parte prima o poi, anche solo statisticamente sarebbe illogico il contrario.

    Seduto alla sua scrivania osserva i quattro individui nel suo atrio. Vedendo le cicatrici sul volto del suo gemello spera davvero che non venga da qualche futuro possibile o probabile. Non gli piacerebbe avere quella faccia. La sua presenza lo innervosisce, il suo primo istinto sarebbe cacciarlo ma la presenza di Capitan America con lui gli fa capire che c'è qualcosa di importante in gioco.

    Il suo sguardo poi si fissa sui due asgardiani, non conosce l'energumeno sebbene un pochino gli ricordi Thor, la ragazza invece è tutta un'altra storia. La scansione ha rivelato che il suo DNA coincide con quello di Thor ma non è solo questo ad agitarlo. Lui l'ha già incontrata in uno dei suoi viaggi in un possibile futuro. In quel mondo c'era una versione anziana di sè stesso che in un mondo dominato da Ultron aveva allevato i figli del resto dei Vendicatori. In quella realtà lei era la figlia di Thor e Sif non ricorda come si chiamasse ma spera che non sia lei.

    Tony era e per adesso è convinto di essere riuscito ad evitare quel futuro. Ultron non si fa più vedere da almeno 5 anni. Spera davvero che la presenza della ragazza non significhi il contrario. Si stringe la cravatta, si sistema la giacca poi afferra il bicchiere di fronte a se e lo trangugia in un sol sorso.

    Aveva smesso di bere quando era Iron Man per vari motivi principalmente la sua sicurezza e quella degli altri quando aveva indosso l'armatura. Una volta deciso di lasciare, per un pò ha resistito poi gradualmente ha ripreso a bere alcool. Ma non come prima, ora beve il giusto. Ha imparato con fatica a controllarsi. Non si è mai più ubriacato. Un bicchiere o due al giorno non di più. Comincia a sentire il bisogno di un secondo bicchiere ma tenacemente resiste. Infine dà ordine alla receptionist di far passare lo strano gruppo.

    Di sotto infatti la "donna" dai capelli rossi trattiene il gruppo proprio in attesa di un cenno del suo capo. Rogers ed i due asgardiani non sono avvezzi alla tecnologia ma Iron Maniac se la osservasse con attenzione si renderebbe conto che si tratta di un'IA. La targhetta appuntata al suo petto digitale recita FRIDAY.

    Benvenuti signor Rogers, signor Stark, signor Varg e signorina Thorunn. Mr Stark vi riceverà subito nel suo ufficio

    Con un ampio gesto delle braccia indica al gruppo un ascensore che compare alle sue spalle la cui porta si apre immediatamente. Una volta entrato tutto il gruppo l'ascensore partirà automaticamente diretto all'ufficio all'interno del quale un Tony Stark con un sorriso a 32 denti e gli occhiali scuri addosso solo per fare scena accoglie i visitatori in piedi davanti all'apparecchio. I segni del nervosismo sono apparentemente scomparsi o meglio nascosti sotto il suo classico atteggiamento spavaldo.

    Ma guarda un pò che gruppo colorito. Steve amico mio, è sempre un piacere vederti, non passi mai abbastanza spesso eppure non vivi così distante. E per quanto riguarda voi dice diretto ai due asgardiani Non so cosa vi porti qui ma la gente di Thor è sempre la benvenuta. E tu dice infine rivolto ad Iron Maniac Sei me quindi devi essere un gran figo ma sinceramente spero non arrivi dal futuro perchè non vorrei proprio avere la tua faccia.

    Per l'ordine dei post fate come volete. Potete seguire quello del precedente turno o fare come vi viene comodo. A seconda di cosa fate potrei decidere di rispondervi con un post extra oppure tutti insieme in un unico post.


    Edited by Dead Man 89 - 2/12/2020, 00:44
     
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    Accedere all’atrio della Stark Tower catapultò Tony in una strana realtà parallela, restituendogli sensazioni contrastanti e difficili da carpire appieno: per un attimo fu come se il tempo si fosse fermato, cristallizzandosi nella perfetta istantanea di una scena che gli era al contempo tanto familiare quanto assurdamente aliena; poi l’idillio si infranse ed un coacervo di emozioni gli si riversò addosso con la potenza di un fiume in piena, facendolo quasi boccheggiare mentre la stanza gli ruotava intorno in un turbinio sfocato e multicolore.
    Istintivamente si portò una mano alla fronte e si sentì sul punto di venir meno, perciò dovette far appello a tutta la propria forza di volontà - oltre che ad un pizzico di sano amor proprio - per riguadagnare il controllo di sé stesso ed arrestare quel carosello vorticoso che minacciava di rendere il ritorno del figliol prodigo più memorabile di quanto già si prospettasse: affondò le unghie nel palmo della mano fino a provocarsi una fitta di dolore penetrante, lasciandovi quattro pallidi solchi a forma di mezzaluna, e con suo sommo sollievo si accorse che la stanza aveva smesso di girare a folle velocità.
    Approfittò di quel rinnovato sprazzo di lucidità per continuare a guardare un po’ dappertutto, seppur esercitando una certa prudenza nemmeno temesse una ricaduta; questa volta ad assalirlo fu un misto di rimpianto, nostalgia e meraviglia, apparentemente meno dirompente del suo diretto predecessore ma non per questo meno traumatico.
    La vista di ciò che sarebbe potuto essere affondò nelle carni come un lama ben affilata, aprendovi uno squarcio dal dolore sordo e pulsante che, Tony temeva, sarebbe stato decisamente più arduo mettere a tacere.
    Alla fine il suo sguardo si posò sulla donna dall’altro lato del bancone della reception, proprio mentre questa iniziava a parlare e li invitava a proseguire nella perfetta imitazione di una canonica segretaria. L’illusione era impeccabile, ennesimo testimonio dell’incredibile talento ingegneristico degli Stark, ma Iron Maniac andò oltre il velo dell’apparenza, oltre il fisico procace ed i capelli rossi, registrando quella serie di minute incongruenze che, sebbene pressoché impercettibili per un profano - come gli confermò una veloce occhiata ai suoi tre compagni - avrebbero rivelato la natura sintetica dell’individuo che li aveva appena accolti a chiunque avesse saputo cosa cercare.
    Non ebbe bisogno del talloncino come ulteriore conferma ad una tesi che, peraltro, alla luce dei dati raccolti reputava già sufficientemente solida, ma leggere il nome che vi campeggiava gli riportò alla mente delle memorie stranamente piacevoli: aveva progettato la “sua” Friday affinché assumesse le fattezze di una bambina, e trovarsi di fronte ad una sua versione adulta gli suscitava qualcosa di molto simile a ciò che avrebbe definito - con una certa, inaspettata sorpresa - orgoglio paterno. Non che avesse mai avuto reali esperienze in tal senso, e d’altronde anche all’apice della sua parabola avrebbe temuto la vita da genitore più di un attacco di... - Titannus? Il pensiero, sfuggito dai meandri più reconditi del suo subconscio, lo fece rabbuiare per un momento prima che riuscisse a seppellirlo nel cassetto dei ricordi da tenere opportunamente sopiti - di Ultron, ma nulla lo avrebbe convinto che quel confortevole calore che gli ardeva sommessamente nel petto non fosse della stessa pasta del sentimento che avvampava negli occhi di qualunque padre amorevole quando osservava la sua prole.
    La sua insolita progenie sui generis era morta da tempo, solo una delle innumerevoli vittime della devastazione di - si sforzò di non riesumarne il nome l’immagine le urla il dolore - ma per certi versi era bello che almeno uno dei suoi infiniti doppioni multiversali non ne condividesse il tragico destino: trovava le donasse una degna conclusione, migliore di quanto avrebbe mai osato chiedere.
    Come cesura all’inatteso momento di catarsi gli balenò un’ultima considerazione, decisamente meno poetica delle precedenti: notevole come “questo” Tony si fosse impegnato a fondo per realizzare una simulazione praticamente indistinguibile dalla realtà solo per poi intorbidire la bontà del risultato finale conservando un nome sospetto come Friday... evidentemente il narcisismo degli Stark era un’altra di quelle insindacabili costanti universali.
    Nascose un ghigno compiaciuto sotto il bavero del modesto giubbotto che indossava, poi si incamminò verso l’ascensore insieme al resto della peculiare comitiva.
    Mentre la cabina ascendeva verso l’ufficio del presidente, rifletté rapidamente sui nomi con cui la sua... figlioccia aveva appellato i due asgardiani: era abbastanza certo di non averli mai sentiti prima, ma se Varg non faceva suonare alcun campanello Thorunn tradiva evidentemente una certa omonimia con Thor. Un rapporto di parentela non era affatto da scartare... sorella? Figlia? Non poteva parlare per quello di questo mondo, ma era sufficientemente convinto che la sua versione non avesse nessuna delle due.
    In breve le porte si spalancarono rivelando il faccione sorridente di Mr Stark, convenientemente agghindato in completo impeccabile ed occhiali da sole.
    Iron Maniac si era preparato a quella - straniante - visione, quindi per assurdo seppe metabolizzarla con molta più disinvoltura di quanto fosse accaduto all’ingresso solo pochi minuti prima, cucendosi addosso un’espressione imperturbabile che suo malgrado impallidiva di fronte alla plateale ostentazione di - falsa, comunque, ma ben simulata... dubitava che avrebbe ingannato Steve, ma tutti gli altri? Ci avrebbe giurato - esuberanza del suo sosia.
    La vista di un Tony Stark nel suo habitat naturale gli provocò una fitta di invidia, un sentimento assolutamente comprensibile ma che non mancò di farlo sentire un po’ meschino. Se non altro, lo consolò pensare che a parti invertite le cose non sarebbero andate affatto diversamente.
    Heh, dipende.
    Ce l’avete un Titannus?

    Nome fottuto.
     
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    Thorunn riconobbe subito Capitan America, non appena gli si parò davanti. Lo aveva visto, nel suo "futuro", e, curiosamente, i due ritratti che aveva (nella testa e davanti a se) coincidevano quasi perfettamente. Oltretutto, non potè fare a meno di arrossire leggermente, segno che l'evidente gentilezza e l'educazione del soldato erano forti abbastanza da fare presa anche su una figlia reale. Varg, invece, non si accorse di niente di tutto questo, ma unì i puntini non appena Steve si presentò ufficialmente. Prima di parlare, quasi emozionato come una scolaretta, osservò la bambina, cercando una "spinta". Lei sgranò gli occhi e sollevò il pollice della mano destra. Oh, certo! E' per quello che sono il suo ambasciatore! Disse. Idiota, smettila di pavoneggiarti! Pensò, subito dopo. Si sentiva anche lui un pò a disagio, come se l'avere davanti quella figura lo avesse messo sull'attenti. Ad ogni modo, ti ringrazio profondamente e ci tengo a precisare che anche io mi trovo quì per motivi... Uhm, molto seri. Non si sentiva a suo agio, nonostante la missione si fosse fermata, parcheggiata, di fronte a lui, senza che si dovesse preoccupare di inseguirla, tuttavia quell'improvviso pensiero alla missione ebbe il potere di calmarlo. Ovviamente rimaneva il problema ovvio, l'elefante nella stanza: come mai erano tutti lì, quel dannato giorno? Infine, non sapendo cosa fare, osservò Thorunn che aveva ripreso a fissare quell'altro tizio, quello che non smetteva di volersi nascondere: nel suo viso c'era la stessa espressione di un detective di fronte a qualcosa di insolito, ma la paura (o l'inquietudine) era sparita. Ne dedusse, una volta di più, che quello era davvero Capitan America: la bambina, vedendolo, si era subito sentita a suo agio. E provò un pò di invidia. Tuttavia, non potè fare a meno di pensare a quanto avesse avuto sfortuna: si era prefigurato tutta una serie di situazioni e scappatoie per non far scoprire l'identità di Thorunn e quel dannato speaker aveva rivelato la (quasi palese) verità. Con un nome simile... L'avranno già capito. Anche se, andava detto, tra certe popolazioni era comune un nome simile, come pure la sua variante Þora. Ma, da quel poco che aveva capito, aveva compreso di essere quello meno sveglio del gruppo, motivo per cui decise che l'identità fosse ormai diventata ovvia. Tanto vale annunciarlo chiaramente. Ma non fece nulla.
    Una volta in ascensore, lei gli chiese. Visto che forza, quella ragazza? Varg parve non capire. Era molto educata, si. Ma lei continuò, forse solo per farsi bella di fronte ai due eroi. Non te ne sei accorto? Domandò, nuovamente. Fu sul punto di spazientirsi, ma non disse niente. Era un ologramma... Ne ho visto parecchi, a casa. Quell'espressione "geografica" aveva valenza cronologica, naturalmente, ma non era il caso di parlarne. Varg, che non era proprio sicuro di sapere cosa fosse un ologramma, rispose prontamente. Ah, certo. Bello. E la sua mente vagò senza meta, approdando al ricordo di Friday. Friday come Freya. Riflettè, decidendo forzosamente che si trattasse di un buon segno.
    Arrivati a destinazione, al vedere il faccione di Tony Stark, ebbe un tuffo al cuore e, pur nella sua limitatezza, gli parve di cogliere parte dell'arcano. Tony Stark aveva la stessa faccia (più o meno, gli occhiali coprivano qualcosa) del tizio misterioso: la linea della mandibola, l'angolazione del sorriso, il linguaggio corporeo. Questi erano particolari che un essere per metà animale come lui poteva carpire. Deve essere una strana contesa tra fratelli, col signor Rogers che opera come mediatore.

    Ovviamente si stava sbagliando. A sua difesa, però, possiamo dire che, bambina a parte, certe cose non gli erano capitate così spesso. Una persona che non ha esperienza di Multiverso non va a pensare subito a strane evenienze come quella. "Tu sei me", ha detto. E, da lì, si ricollegò agli strani discorsi di Thorunn, le varie versioni di Thor e se stesso, che lei aveva visto morire. Ascoltarono il breve scambio, terminato con la pronuncia di quello strano nome, che Varg non conosceva. E, a quanto pare, nemmeno la ragazzina.
    Oh, salve Tony! Disse, rivolto a nessuno in particolare, non appena sentì di poterlo fare. Era il terzo Tony Stark (ormai l'aveva capito) che vedeva nel giro di pochi giorni e, doveva ammettere, la cosa cominciava ad essere inquietante. Osservò Varg per un momento e lui le rispose con una faccia piena di interrogativi. Thorunn interpretò che il piano fosse andato al diavolo. Sono Thorunn! Papà mi ha parlato molto di tutti voi. Avrebbe messo la mano di fronte a tutti per farsela stringere, mantenendola in aria per pochi secondi. L'Úlfheðinn sgranò gli occhi, a disagio, ma lei continuò, rivolgendosi al Tony sfregiato. E' un piacere vedere un collega dimensionale. Disse, sicura come solo una bambina poteva essere. Al Guerriero Lupo sfuggì un Gasp! Come nei fumetti.
    Decise di sfruttare quel momento per lanciare la bomba. Non che avesse eccessiva fretta (le questioni Asgardiane avevano l'abitudine di essere molto lente e spalmarsi per secoli, delle volte), ma quella strana situazione in cui si sentiva non gli piaceva affatto. Era in balìa degli eventi, mentre quella ragazzina malefica sembrava a suo agio come ad una festa di compleanno. Sono certo che le questioni in sospeso fra di voi siano molto importanti, ma anche io ho una missione. Iniziò a parlare, poi continuò con più enfasi. Asgard è in pericolo! Un nemico trama nell'ombra, una minaccia le cui zanne io stesso ho potuto sentire sulla mia pelle! Si fermò, sollevando il pugno chiuso, come se fosse a teatro (ma lui era serissimo). Ebbene, Thor, il Padre di Tutti, ha incaricato questo povero Úlfheðinn... Le denominazioni "divine" erano sparite, ormai. ... Di trovare, su Midgard, i suoi vecchi compagni, Ironman e Capitan America, e portarli al suo cospetto, ad Asgard! Evitò di dire che, secondo lui, poteva esserci Loki di mezzo: era certo che, se davvero si trattava dei leggendari compagni del Tonante, sarebbero giunti alle medesime conclusioni. C'era sempre l'Ingannevole, di mezzo.
    Thorunn, però, lo guardava dubbiosa, con le labbra corrugate. Uh, si... Secondo le mie informazioni, il nome del guerriero noto come Ironman è Tony Stark e, se ho inteso correttamente, in questa stanza ce ne sono due. Disse. Qualunque cosa voglia dire. Questo, lo pensò solamente. Questo significa solo una cosa! Fece una pausa per la suspense. Due Tony Stark, quindi due Ironman. Venite tutti e due! Il suo Re gli aveva chiesto due persone e gliene avrebbe portate tre: questo lo avrebbe reso un ottimo suddito. Sarebbero stati di più a poter salvare il Regno Dorato da quella minaccia anonima che si profilava all'orizzonte, dunque le possibilità di vincere (se davvero si trattava di guerrieri leggendari, come gli era stato detto) sarebbero aumentate. Era un ragionamento molto semplice.
    Curiosamente, Thorunn aveva smesso di guardarlo male, segno che, magari, quella stramba idea poteva averla convinta. Del resto, loro due non sapevano assolutamente niente dei "problemi" che aleggiavano in quella stanza.
    Nè immaginava nemmeno lontanamente che potessero rifiutare il suo invito.
    Questa è una foto scattata a Thorunn subito dopo il "Gasp!" di Varg.
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    La piccola sembrò come illuminarsi in un misto di sconvolgimento ed ammirazione vedendo Steve in faccia, causando in risposta poco più di quel sorriso tipico che il Capitano rivolgeva a buona parte dei suoi fan che incontrava quando in missione, con le stelle e strisce bene in vista. Stava per rivolgerle la parola quando realizzò un particolare: non aveva mai incontrato la bimba, tuttavia lei lo aveva riconosciuto unicamente dal volto senza neanche sentire il suo nome, mostrando di conoscere molto bene chi era dietro la maschera e, almeno l'ultima volta che aveva controllato, non andava a dire a tutti chi fosse.

    Fatto molto strano...

    Il suo accompagnatore, invece, capì chi gli si parasse di fronte solo dopo che il nome fu dato, mostrando un entusiasmo tanto ampio, se non di più, di quello mostrato dalla bimba. Reiterando il fatto di essere l'ambasciatore di Asgard e dell'importanza della sua missione, mostrò particolare confusione ed un lieve disagio, forse causato dall'individuo che aveva di fronte. Steve si premurò di sciogliere il ghiaccio.

    Non c'è problema, Varg. Abbiamo sempre avuto ottimi rapporti con Asgard anche se non vediamo Thor da molto tempo; son sicuro che qualsiasi sia il vostro messaggio sia io che Tony Stark ascolteremmo con massima attenzione.

    Approfittando di un momento di silenzio la segretaria di Tony, tale Friday, accolse tutti i membri rivelando il nome dei presenti, compresi quello che aveva premurato di non comunicare prima di essere di fronte a Tony e quello che doveva ancora apprendere.
    Entrati nell'ascensore apertosi di fronte a loro, ebbero qualche secondo per pensare.
    Steve non sapeva di alcuni figli che Thor avesse avuto, fatto che quantomeno destava attenzione vista la forte somiglianza con il Signore di Asgard della piccola ed il nome che era quasi una conferma, ed anche ne avesse concepiti dall'ultima volta in cui si erano visti decisamente non sarebbero dell'età adatta. Pensò alle varie possibilità, tra le quali incubatrici particolari, interventi di Loki, maledizioni, quando venne illuminato dall'individuo che era entrato assieme a lui.

    Dimensione parallela. Curioso quanti ne stiano comparendo ultimamente.

    Assieme alle sue conclusioni arrivò una piccola rivelazione nelle parole di Thorunn, che comunicò al suo "cavaliere" come la segretaria con la quale avevano appena finito di parlare non fosse altro che un ologramma, destando una reazione quasi nulla dai presenti. Personalmente Steve non se ne era accorto, ma avere un ologramma in segreteria era decisamente una particolarità minore delle mille chincaglierie tecnologice che venivano sfornate quotidianamente dalla mente futurista di Tony Stark. Rimase però stupito da una frase della piccola, "ne ho visto parecchi, a casa". Evidentemente c'era qualcosa che non andava, visto che Varg non sembrava essere in stato di riconoscere ciò che sarebbe dovuto essere comune nella sua terra. Non perse troppo tempo nel pensarci non essendo particolarmente importante ed essendo loro arrivati a destinazione: il piano dedicato al padrone dell'edificio, che li accolse in maniera particolarmente euforica. Doveva essere nervoso.

    Tony, il piacere è tutto mio. Mi piacerebbe vederti più spesso, ma sai quanto è difficile passare a trovare gli amici quando la maggior parte del tempo sei in una calzamaglia troppo stretta.

    Ovviamente il suo Tony, attento com'era, sicuramente sapeva già chi fossero tutti i presenti e sicuramente era in possesso di più informazioni di quelle che poteva aver ottenuto Steve nel corso di due chiacchierate.
    Il primo incontro di faccia dei due Tony lasciò il Capitano a trattenere il fiato per un momento, temendo per quello che poteva succedere e non essendo troppo certo non si sarebbero immediatamente presi a pugni in faccia; fortunatamente i suoi timori erano esagerati ed i due si scambiarono due battute in pieno stile Stark.
    A seguire in quelle presentazioni fu Thorunn, che si propose per una stratta di mano professando come il padre, a questo punto ben chiaro a tutti i presenti, avesse narrato delle loro avventure. Steve strinse la mano in risposta, mostrandosi ben felice.

    Piacere nostro, Thorunn. Spero che Thor non ti abbia detto tutte le nostre storie o potremmo imbarazzarci particolarmente.

    Dopo di lui fu il turno dell'esule dimensionale, che si scoprì non solo in quanto anche Thorunn si rivelò essere della stessa origine, anche se probabilmente non eguale dimensione. Questa comunicazione solvette i dubbi principali di Steve, finalmente in grado di mettere tutti i pezzi al loro posto.
    Stranamente Varg sembrò rimanerne stupito, anche se forse più per i due Tony che per la sua accompagnatrice, ma non ci dedicò troppo tempo, preferendo invece occuparsi subito del motivo per il quale si trovava lì: il messaggio da Asgard. E che messaggio.

    Asgard...in pericolo? Sembra assurdo, ma Thor non manderebbe un messaggero qui solo per scherzare. Tony, entrambi, dobbiamo andare.

    Arrivò rapidamente alla conclusione che Loki doveva avere a che fare con la situazione: le parole "Asgard" e "tramare nell'ombra" non indicavano altri che lui, almeno nella memoria di Steve, ed era un'ottima memoria.
    Quasi ringraziò Loki nel suo spirito, avendo ricevuto una opportunità per testare se la sua "scommessa" era fondata in qualcosa di più di semplici parole.
    Steve aveva dato il suo via libera, ora era ai due "gemelli" dimensionali decidere il da farsi. Mentre su di uno era abbastanza convinto della risposta, l'altro lo lasciava in dubbio. Lasciare una vita di relativo riposo per rimettersi in gioco non era facile ed avrebbe ben capito il non volersi esporre ai vecchi rischi.
    Restò dunque in attesa, con uno sguardo che esprimeva decisione ma nulla di più. Lui, ad Asgard, sarebbe andato in ogni caso.
     
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    L'altro Tony risponde alla sua provocazione con una mezza battuta ed un pò di amarezza.

    Titannus eh? Sì mi pare di ricordare che Stephen mi aveva accennato qualcosa qualche anno fa. Lui ed un gruppo di altri l'hanno affrontato in Giappone, pare le abbia suonate a Wolverine, Hulk e She Hulk e distrutto mezza Tokyo. Pare che siano riusciti a fermarlo con un illusione e poi a sedarlo con la magia. Ora è rinchiuso in qualche buco di prigione segreta SHIELD. Non so esattamente dove.

    Tony si ferma lo osserva poi riprende

    Ora che ci penso Spiderman mi aveva detto che avevano chiesto aiuto ad una mia versione esule dimensionale, si faceva chiamare Iron Maniac. Sei dunque tu?

    Nel frattempo confermando i timori di Stark, Thorunn rivela di essere la figlia di Thor da un'altra realtà.

    Due esuli dimensionali in una sola giornata. Chi l'avrebbe detto? Credevo di aver chiuso 5 anni fa con questa roba.

    Incuriosito e impressionato dal fatto che la ragazza abbia decido di mettere fin da subito le carte in tavola, l'ex Iron Man si rivolge a lei.

    Figlia di Thor eh? Ho conosciuto una Thorunn in uno dei miei viaggi dimensionali. Ci siamo per caso già visti? Ti ha cresciuto per caso una versione decrepita di me?

    Finiti questi convenevoli l'attenzione si rivolge tutta all'omaccione asgardiano, la prima cosa che Tony ha pensato di lui è che fosse una versione pezzotta di Thor eppure più lo sente parlare più nota da quella figura puzzolente provenire un certo strano carisma. Ascolta la sua storia su una Asgard in pericolo e pensa al suo amico Thor. E' sempre stato un guerriero orgoglioso, soprattutto quando si tratta della sua casa. Se gli sta chiedendo aiuto vuol dire che la situazione è molto grave.

    Per un attimo pensa che forse potrebbe farlo davvero indossare di nuovo quell'armatura, riprendere la sua vecchia vita, aiutare uno dei suoi migliori amici. Poi si ricorda perchè ha smesso, ricorda il giorno in cui ha giurato di non essere mai più Iron Man. Il giorno alla fine del quale le ha distrutte tutte tranne una quella che indossava lei. Non ce l'ha fatta a farlo ma non riesce nemmeno più a guardarla.

    Erano già passati due anni da quando aveva scelto di ridurre il suo tempo da eroe per occuparsi degli affari. Ogni tanto indossava ancora l'armatura per qualche occasione particolare ma era sempre più raro. All'improvviso Titanium Man attaccò la città. I Vendicatori erano di nuovo sciolti, gli altri eroi impegnati in altri scontri ed il russo chiedeva a gran voce di lui. Voleva lo scontro, un confronto decisivo ma Tony non vleva, non se la sentiva. Esitava, accampava scuse e la gente moriva.

    Pepper lo pregava di intervenire ma lui testardamente rifiutava. Allora lei rubò una delle sue armature. L'ha indossata ed ha sfidato Titanium Man al suo posto. L'ha sconfitta e massacrata. Quando se n'è accorto Tony è arrivato sul posto il più in fretta possibile. La furia dentro di lui era incontrollabile. Ha attaccato il responsabile con tutto quello che aveva. Per poco non l''ha ucciso a sua volta.

    Solo le ultime parole di Pepper gli hanno impedito di diventare un omicida ma quando è morta tra le sue braccia, la sua più fidata amica e consigliera, la moglie di uno dei suoi migliori amici morto non molto tempo prima, morta indossando una delle sue armature, morta per la sua testardaggine ed il suo egoismo, il senso di colpa ha avuto il sopravvento. Quel giorno Tony ha deciso che non merita di essere Iron Man, si è allontanato da tutto e tutti, dalla sua vecchia vita.

    Persa la sua arroganza e abbassato lo sguardo Tony Stark si dirige tremante ancora al ricordo di quanto accaduto. Incurante degli sguardi dei quattro uomini nel suo ufficio. Si dirige alla scrivania, riapre la bogglia di liquore e ne versa un bicchiere che trangugia in un istante seguito subito dopo da altri due.

    Mi dispiace, dì a Thor che lo aiuterò in ogni altro modo possibile ma questo no. Non indosserò quell'armatura. Ed ora se non vi dispiace vorrei restare solo.

    La porta dell'ascensore si apre indicando chiaramente la strada agli ormai sgraditi ospiti.

    Edited by Dead Man 89 - 13/12/2020, 22:18
     
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    La risposta del suo doppio lo lasciò momentaneamente sbigottito. In una zona periferica del suo cervello Tony era vagamente consapevole di aver spalancato la bocca, ma era come se di quell’informazione gli giungesse solamente un’eco debole e parzialmente sbiadita; ad onor del vero, dubitava che una rivelazione del calibro di ciò che l’altro Stark gli aveva appena confidato - peraltro con un candore assolutamente spiazzante - meritasse una reazione meno plateale di quella dipintaglisi suo malgrado in volto.
    Con la stessa, attonita passività registrò il prosieguo della ricostruzione, dalle dinamiche dello scontro ad un sedicente appello dell’Uomo Ragno di cui, francamente, non aveva memoria alcuna fino alla deduzione conclusiva sulla sua reale identità, che di fatto suggellava la veridicità della versione del suo interlocutore, ma l’intero processo avvenne senza che Tony ne fosse davvero consapevole: la sua mente cosciente era rimasta indietro, calamitata dal vero nodo focale di quel rapido botta e risposta che, da innocuo scambio di battute per rompere il ghiaccio qual era, in un momento aveva svelato dei retroscena inimmaginabili.
    Titannus sconfitto.
    Un concetto apparentemente elementare, eppure per qualche ragione ogni volta che tentava di approcciarvisi la sua presenza di spirito sembrava vacillare, ritraendosi atterrita un attimo prima di abbracciarne completamente le implicazioni. Continuava a ripeterselo, ma era come se quelle parole avessero perso qualsiasi sembianza di significato concreto e risuonassero di note aliene e inspiegabilmente minacciose.
    Da uomo di scienza Tony aveva un rapporto ambivalente con gli assiomi, convinto che anche la comprensione dei fenomeni apparentemente più arcani fosse sempre ad una sola brillante intuizione di distanza, eppure con il tempo aveva imparato a fare dell’egemonia di Titannus l’unica, angosciante eccezione alla sua personalissima regola: anni sulla soglia della follia nei campi di lavoro degli Skrull l’avevano marchiata a fuoco nella sua psiche come dogma, vero per definizione ed assolutamente inoppugnabile.
    Sconfiggerlo era semplicemente inconcepibile, impensabile prima ancora che concretamente irrealizzabile.
    O no?
    Aprire uno spiraglio a quella nuova possibilità fece germogliare una consapevolezza differente, opportunamente repressa da anni di negazione, e tuttavia latrice di un’ulteriore fitta di sensazioni sfortunatamente familiari: sconfessare l’onnipotenza dell’oppressore significava ammettere di aver fallito su tutta la linea, sradicando anche l’ultimo scampolo di un’attenuante tanto confortevole quanto poteva esserlo la resa ad un nemico letteralmente invincibile, e dunque proiettava un alone di ipocrisia su quell’autocommiserazione in cui nei momenti più bui Tony aveva sempre trovato una sorta di distorto rifugio. La loro non era stata una dimensione condannata da una serie di contingenze ineluttabili, ma piuttosto la culla di eroi inetti ed incapaci.
    Stark sentì di star ricadendo nei soliti - fallaci - schemi di pensiero come mero meccanismo di difesa e, pur maledicendosi per la propria codardia, non fece nulla per impedirlo, spazzando i prodromi della scomoda epifania prima che attecchissero: Titannus tornava ad essere invincibile, di nuovo e per sempre.
    Nel frattempo le interazioni tra il resto dei suoi compagni procedevano alacremente, e Tony si accorse con una certa sorpresa che durante la sua momentanea assenza la ragazzina ne aveva preso le redini con disinvoltura; fece giusto in tempo ad osservarla stringere saldamente la mano di Cap prima di realizzare che doveva aver fatto lo stesso solo qualche istante prima, il suo corpo che agiva con l’autopilota per sopperire al suo essersi estraniato. Contemporaneamente la mole di novità che aveva - altrettanto automaticamente - assimilato e messo in attesa iniziò a riversarglisi nella parte cosciente del cervello, regalandogli una sorpresa dietro l’altra man mano che la passava in rassegna: un’altra esule dimensionale, un’altra realtà alternativa di cui il suo doppio era al corrente - sembrava non gli sfuggisse nulla, constatò con una punta di fastidio - e soprattutto una missione ad Asgard per conto di Thor, o in altre parole la tanto agognata opportunità di riscattarsi.
    Prima di soppesarne pro e contro, più per semplice formalità che per reale scrupolo considerato come, in effetti, la sua adesione fosse una scelta pressoché obbligata, Tony gettò una fugace occhiata a Thorunn, che dopo l’ultimo exploit sfoggiava un sorriso compiaciuto e vagamente sbarazzino. Al netto di Cap era probabilmente la persona più interessante della stanza, non soltanto per il lignaggio reale ma anche - e soprattutto - perché in pochi minuti aveva già rivelato in più occasioni una vivace intelligenza.
    Ne aveva colpevolmente trascurato la prima spia sull’ascensore, quando aveva rivelato la vera natura di Friday al suo frastornato accompagnatore, bollandola come un colpo di fortuna estemporaneo e di poco valore, ma il calibro delle sue ultime deduzioni non lasciava spazio a dubbi: mentre l’omone in pelliccia continuava ancora a chiedersi cosa fosse un ologramma e perché fosse appena stato accolto dal sosia dell’uomo che aveva a lato Thorunn aveva già connesso i puntini e proceduto con le presentazioni, andando a colpo sicuro nell’identificarlo come “collega” e, peraltro, dissimulando ogni traccia della soggezione che ci si attenderebbe da qualsiasi ragazzino, sangue blu o meno.
    Niente male.
    Il diniego di Iron Man lo lasciò esterrefatto, e sebbene sul momento l’effetto fosse risultato più blando del precedente la richiesta di lasciarlo da solo gli inflisse un secondo duro colpo proprio mentre cercava di ricomporsi. Lo assalì un’ondata di panico frammisto a delusione, ma in breve tempo entrambi furono sostituiti da una cocente rabbia che minacciava di rompere ogni argine.
    Dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo, sempre più labile, per non scagliarglisi addosso ed urlargli contro la sua frustrazione, lieto di avere un pretesto per rivalersi su quella versione maledettamente più fortunata di lui, ed alla fine si trattenne solo perché fare altrimenti avrebbe significato tradire la fiducia di Steve e, per quel che valeva, perché avrebbe dimostrato di essere ancora lo stesso individuo che non si faceva scrupoli a ricorrere alla violenza quando la via della diplomazia falliva.
    Poi però si fermò a riflettere ed il livore si dileguò con la stessa fulminea rapidità con cui era montato, una fredda comprensione venata di rammarico che si affrettava ad occupare il vuoto.
    Lo vide nella sua gestualità, leggendovi attraverso con la stessa sovrumana chiarezza con cui attimi addietro aveva diradato la patina di studiata spavalderia con cui li aveva accolti, nel leggero tremore mentre si versava da bere, nello strattone nervoso che disegnava l’arco del bicchiere quando se lo portava alle labbra per ingollarne poi il contenuto in un sol sorso, e seppe.
    Seppe che quel Tony, così come lui, aveva sofferto, ed esattamente come lui continuava a rifuggire il proprio schiacciante senso di colpa indulgendo nel rancore e nell’autocommiserazione. L’unica differenza era che anche in quel caso, semplicemente, si dimostrava più bravo: più bravo a dissimulare le crepe, di preciso.
    No, non ci aiuterai con Thor, ed è giusto così.
    Tu, invece, quando deciderai di farti aiutare? È evidente che stai soffrendo, che c’è qualcosa che ti urla dentro e che ti sta consumando giorno dopo giorno.
    Conosco quel dolore. E conosco te.
    Sappiamo bene che la soluzione non è nella maschera da presidente d’industria o peggio ancora sul fondo

    Mentre parlava gli si era appropinquato, con passo fermo ma cauto, cadenzato. Adesso era accanto alla sua scrivania, così vicino che l’aroma dell’alcolico poteva quasi inebriarlo.
    Lo scagliò via con un manrovescio, imprimendogli una ponderata solennità, ed il trillo del vetro che si infrangeva contro il pavimento in un caleidoscopio di schegge abbacinanti gli fece provare per un attimo una sensazione di totale giustezza.
    di questa merda.
    I Vendicatori sono la tua famiglia, la nostra famiglia. Non allontanarli adesso che ne hai più bisogno.

    Ovviamente se mi son preso troppe libertà fatemi sapere che modifico la fine.
     
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    Pazzo Furioso

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    Varg non potè evitare di notare che Capitan America aveva accettato la sua richiesta senza battere ciglio, esattamente come si sarebbe aspettato dal grandissimo guerriero che era. Vide anche il sorriso, da orecchio a orecchio, di Thorunn: segno che la ragazzina apprezzava quella persona... C'era, tuttavia, dell'altro: era lo sguardo complice e intelligente di una persona che sa cosa aspettarsi. L'Úlfheðinn immaginò che la ragazza si aspettava una risposta pronta del genere. Del resto, se quello che aveva detto era vero, aveva già conosciuto Steve Rogers.
    Il piacere è tutto mio! Disse la bambina in tono entusiasta, dopo che il suo sguardo ebbe indugiato qualche secondo di troppo su Iron Maniac. Nessun imbarazzo, da parte di papà! Anzi: da alcuni racconti, traspare quasi che i veri eroi siate voi... E non lui! Ella sorrise, mentre Varg trovò quelle parole un filo imbarazzanti, probabilmente perchè non era avvezzo a quel tipo di conversazioni. Si rivolse al Tony "autoctono". No, signor Stark, temo di non aver conosciuto una sua "versione decrepita". L'educazione dimostrata nelle parole stupì molto il guerriero lupo. Il Tony della mia realtà era, però, molto diverso da voi due, sebbene riesca a notare in voi i medesimi schemi che ritrovavo nel mio. Varg non ci capì nulla, ma immagino di non voler mai vedere un'altra versione di se stesso: probabilmente l'avrebbe colpita con la sua arma. E, lì, con la grazia sbilenca di un bambino, Thorunn lanciò la bomba. Ligi al lavoro, ossessionati dalle vostre creazioni... Come se, dentro di voi, vi fosse un serpente ingordo, mai sazio di attenzioni. Varg le mise una mano sulla spalla esibendo un tentativo goffo di uno sguardo di rimprovero, ma, prima che la scena potesse andare avanti, vennero colti dal diniego del padrone di casa. Oltretutto, vedendo gli ovvi problemi di alcolismo del signor Stark, Varg non potè che pensare alla propria situazione, mentre il gelo cadeva in quella stanza. In circostanze normali, avrebbe provato a tirar su lo sventurato mortale, magari facendo leva sul suo proverbiale buon umore, ma lì si sentiva un pesce fuor d'acqua e, oltretutto, vedere una tale dimostrazione di sconfitta, toccò in lui corde che vibravano dolorosamente. Se è vero che un fallito ne riconosce un altro, beh, Varg trovò un suo simile, ma, invece di sentirsi suo pari, cercava, dentro di sè, motivi per discostarsene. Tutti i suoi problemi venivano dalla sua debolezza di fronte alle minacce che gli si ponevano davanti: si sentiva inadatto e spesso insufficiente e tutto ciò gli parve molto simile all'impotenza dimostrata da quel Tony Stark: un uomo affranto e piegato da mali interiori piuttosto forti.
    E Varg si chiuse, per un momento, in un mutismo maldestro, sebbene continuò a saettare occhiate ovunque, nel tentativo di carpire informazioni utili. E invidiava la naturalezza della bambina.
    Poi parlò il suo doppio, un essere mutevole che, a Varg, parve mutevole come le fiamme di un falò. Una figura torva e silenziosa, al cui interno parevano combattersi due bestie. L'Úlfheðinn optò per quest'immagine dopo essersi soffermato a guardarne gli occhi penetranti, sebbene contornati da cicatrici di varia forma. E, pure in quel caso, lo riconobbe... Perchè un soldato ne riconosce un altro. Eppure, qualcosa in lui gli sfuggiva, dato che era palese (anche a lui) che diceva molto meno di quello che pareva sapere. Come se soppesasse ogni parola attentamente e ne comprendesse il peso. E poi spaccò quel bicchiere.

    Le parole che pronunciò furono dure, ma azzeccate, soprattutto se si pensava che erano rivolte a se stesso. Persino un idiota come Varg intese il senso di quella conversazione. Erano come due metà dello stesso specchio.
    Però, fu in quel frangente che, per la prima volta dall'inizio di quella storia (e anche per la prima volta da tanto tempo), l'Asgardiano sentì la parola "Vendicatori". E gli piacque molto, soprattutto. a livello istintivo. I Vendicatori: quella squadra di uomini e donne forgiati da onore e battaglie... Tutti, ad Asgard, li conoscevano e bastava vedere le reazioni di Capitan America e di Iron Maniac per capire che si trattava di qualcosa di serio. E quello fu il primo momento in cui la maschera di malumore di Varg iniziò ad incrinarsi.
    Thorunn, però, si era azzittita, capendo di non voler intervenire in quella strana "lite".
    Stark... Disse l'Asgardiano, rivolto al Tony che aveva appena bevuto. ... Sono certo che, qualunque sia il tuo dissidio interiore, sia qualcosa che puoi fermare. V'è una panacea a questo tipo di mali e si chiama "Onore". Disse, dimostrandosi sia fuori luogo che maledettamente sicuro. Quale che sia la tua colpa, può essere lavata. Niente che tu abbia fatto è immune al candore di un'impresa di una certa levatura... E parliamo di un'impresa davvero leggendaria, dato che il mio Signore non è solito indugiare in certi comportamenti. Se ha deciso di chiamare voi, è perchè ripone in voi una fiducia particolare. Si fermò, prima di andare avanti col clou. Davvero vuoi rifiutare una tale offerta? E perchè mai? Varg non riusciva a pensare ad un solo motivo per farlo: ai suoi occhi, le faccende dei mortali apparivano inferiori a qualsiasi cosa fosse vagamente relativa alla Città Dorata. Si, magari sei un capo importante e sei molto ricco, ma se ti chiama Thor, che aspetti? Questo, in soldoni, era il pensiero di Varg sull'argomento. O, forse, hai paura di morire? Beh, non dovresti. La morte del guerriero è un regalo per una vita condotta in modo esemplare... Dimentica le tue brutture e vieni con noi. Potresti trovare un senso a quel che ti resta da vivere. Il discorso sentito parve stupire molto anche Thorunn, che si girò ad osservare Varg un pò incuriosita. Ovviamente, lui non potè esimersi dall'esprimere il suo (fastidioso) elitismo. Se, poi, cerchi nettare... Beh, nella Città Dorata avrai modo di bere roba migliore di questa brodaglia, senza dubbio alcuno. E lo disse con una faccia tosta da campanilista. Oltretutto, aveva imparato che la birra di Midgard aveva il suo perchè e sapeva difendersi bene, ma certe cose non potevano cambiare.
    Thorunn accolse quelle ultime parole colpendogli delicatamente il ginocchio col suo gomito e guardandolo male. Lui capì che lei voleva rimproverarlo, ma non fece niente di chè, dato che si sentiva assolutamente nel giusto. Non aveva idea di quanti problemi dovessero affrontare i mortali nella loro breve vita. Dipendenze, depressione, angoscia, malattìa... Per lui bastava prendere l'ascia e ridere in faccia alla morte, per guarire da tutti i mali. E, dato che era poco sveglio, gli riusciva difficile pensare a modi diversi di vivere la vita.
    E, dato che, per quanto riguardava certe faccende, sotto sotto era anche lui un bambino, non si rese minimamente conto di quanto le sue parole potevano essere state forti. Thorunn provò a smorzare la situazione avvicinandosi allo Stark di quella realtà con gli occhi grandi di una ragazzina davvero in pena per qualcuno.L'altro te stesso ha ragione. Noi possiamo aiutarti. Disse dolcemente.
    Mancava solo la pronta risposta di Steve.
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    Il suo asgardiano interlocutore sembrò essere particolarmente soddisfatto dalle parole di Steve, mentre la ragazzina procedette nel complimentarsi con i Vendicatori e dare una lieve stoccata ai Tony, evento che quasi fece sfuggire una risata al Capitano.
    Si chiese cosa poteva essere accaduto di preciso nella dimensione dalla quale proveniva la figlia di Thor: cosa poteva essere accaduto ai suoi compagni e per quale motivo ora si trovava ad essere una esule della propria origine? Era volontario o forzato, e come aveva fatto ad incontrare il suo accompagnatore? Tutte domande che chiedevano risposta ma non necessariamente una immediata. Poteva aspettare.
    Ciò che invece non aveva il vantaggio del tempo a disposizione fu la risposta del suo Tony alla proposta di recarsi ad Asgard per aiutare il loro alleato ed amico in quella che poteva solo essere una forte crisi. Rifiutando il suo aiuto e cercando di farli andare via, Stark si andò a versare un bicchiere del suo veleno preferito per poi accennare ad ingoiarlo.
    Rammentò in quel momento che l'uomo di fronte a loro era stato distrutto da un evento tragico e se ne dava tuttora la colpa.
    Era stato presente al funerale di Pepper ed il dolore per la sua prematura dipartita era andato ad aggiungersi agli innumerevoli altri individui che risiedevano nelle sue memorie indelebili, frutto di una memoria perfetta che spesso odiava, non potendo dimenticare i peggiori eventi della sua vita, mentre altrettante volte ne era felice in quanto tutti i momenti felici erano sempre a disposizione per poterli rivivere con una esattezza quasi inquietante.

    Steve era abituato alla morte. Aver vissuto e combattuto nella Seconda Guerra Mondiale voleva dire aver visto innumerevoli individui perdere la vita ed alcune delle atrocità peggiori dell'umanità senza poter far nulla al riguardo ma sentendo dentro di sè una voce che diceva "se solo fossi stato più rapido, più forte, più coraggioso questo non sarebbe successo". Aveva imparato a venirci a patti, a non lasciare che un addio, per quanto doloroso fosse, potesse porre fine alle sue azioni. Sapeva che fermarsi sarebbe stato un tradimento nei confronti di chi si era affidato a lui e chi credeva nelle capacità di Capitan America tanto da porre la propria vita nelle sue mani.
    Capiva ciò che Tony stava passando, aveva avuto momenti simili innumerevoli volte, non aveva altro che comprensione e compassione per il dolore del suo migliore amico che ancora si struggeva e dilaniava per un evento accaduto solo due anni prima, ma non poteva lasciarlo un momento di più ad autodistruggersi. Stava per prendergli il bicchiere dalla mano ma l'altro Tony lo anticipò per poi partire in una sua personale ramanzina ed accusa atta sia a colpire chi gli stava di fronte che a momento terapeutico per se stesso; Varg e la giovane Thorunn seguirono cercando di mostrare una vicinanza ed offrire una mano.

    Steve, mentre gli altri si stavano dedicando all'arte oratoria, stava raccogliendo da terra i pezzi del bicchiere, frantumatosi nella caduta provocata pocanzi. Non fu difficile recuperarli tutti e poi poggiarli su un tavolo, opportunatamente avvolti in un fazzoletto procurato dalla tasca posteriore del Capitano. Aveva ascoltato, elaborato, ed ora avrebbe parlato.

    So che il dolore è estremo. L'ho vissuto molte volte e probabilmente dovrò viverlo ancora. Ma la vita va avanti, Tony. Sono sicuro che lei ti direbbe la stessa cosa, non vorrebbe questo per te.
    Per quanto riguarda la richiesta, non ho mai detto che tu debba indossare l'armatura. Thor ha bisogno di noi e di te, non necessariamente di Iron Man. Sei più di un fragile uomo in una tuta di metallo, non dimenticarlo. La scelta sta a te, ovviamente, ma sai bene quanto lo so io che hai bisogno di vedere facce amiche, soprattutto in momenti come questi, e Thor lo è quanto lo è la mia, forse anche di più.


    Non sapeva se quelle parole sarebbero bastate a convincerlo o se nominare, seppur giocando il gioco dei pronomi, Pepper avrebbe peggiorato la situazione: chi lo circondava gli dava credito di capacità oratorie che valutava non aver meritato in alcun modo; cercava semplicemente di parlare nel modo più onesto possibile e quello sperava fosse abbastanza. In genere lo era.
     
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    La reazione del gruppo alle sue parole colpisce Tony nel profondo. Il suo alter ego gli fa volare via il bicchiere dalle mani. Lo guarda con disprezzo, vorrebbe colpirlo con un pugno almeno all'inizio poi si controlla. Non ha torto, per niente. Però non è quello che dice:

    Non accetto consigli da un genocida, nemmeno se ha la mia faccia. Sicuramente sei più disturbato di me, sai di cosa parli te lo concedo.

    A quel punto è Varg ad intervenire ma nonostante l'ingenuità e bontà le sue parole dimostrano che il suo modo di ragionare è troppo diverso da quello di un non asgardiano e lasciano indifferente il suo interlocutore che decide di non rispondere. Solo la proposta di bere l'idromele asgardiano lo fa vacillare ma scaccia quel pensiero in un secondo. Non andrebbe fin là solo per quello.

    Le parole e la voce dolce di Thorunn cominciano invece ad avere effetto. Per un attimo Tony rivede in lei Pepper. La corazza che l'uomo aveva creato intorno al suo cuore inizia ad incrinarsi e le parole di Steve fanno il resto. Ha ragione, assolutamente ragione. Lei non lo vorrebbe vedere così, lei l'avrebbe spinto a reagire, ad aiutare Thor.

    Io...io. Hai ragione. Thor è mio amico, non posso abbandonarlo. Ma se la situazione laggiù è grave al punto da dover richiedere il nostro aiuto non posso andare senza armatura. Sarebbe un suicidio.

    Tony inizia ad armeggiare con gli oggetti sulla scrivania ed a riflettere. C'è una sola armatura sopravvissuta ma non può usarla. Non è adeguata ad uno scontro impegnativo, è un'armatura di soccorso. Deve costruirne un'altra se vuole partecipare alla spedizioni, forse l'altro sè potrebbe aiutarlo ma prima di tutto dovrebbe scusarsi con lui per quanto detto in precedenza.

    Mentre riflette su questo delle urla iniziano a sentirsi provenienti dai piani inferiori. Due strani figuri sono penetrati nella torre e stanno creando scompiglio.

    ---------------------------------------------------------------
    Non molto tempo prima, Helheim

    Allora abbiamo un accordo figlia?

    E sia. Va bene ma sarà meglio che manteniate quanto promesso o la mia ira non avrà eguali.

    Non sia mai. Non ho la minima intenzione di scatenare la tua furia dice Loki con un sorriso sornione in volte per poi sparire in una nuvola di vapore verde.

    Appena l'uomo lascia la sua terra Hela si rivolge ad un servo.

    Chiama al mio cospetto, il progenitore ed il draugr.

    In pochi minuti i due esseri sono davanti alla dea.

    Ho una missione per voi due. Se mi servirete bene potrete guadagnare parte della vostra libertà. Dovrete recarvi su Midgard. Raggiungete un luogo noto come Stark Tower. Uccidete Tony Stark, rapite la ragazza asgardiana, la presunta figlia di Thor, e portate al mio cospetto Steve Rogers. Non mi interessa cosa ne fate dell'Ulfdin, basta che non sia più d'intralcio ai piani dell'uomo in blu. E' tutto chiaro?
     
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    Parlato di Muhbbor
    Pensiero di Muhbbor


    [ENTRATA]


    La Regina di Hel lo aveva chiamato, ancora, sicuramente per un'altra missione improbabile viste le ultime assegnategli.
    Dopo aver indicato sommariamente degli obiettivi, Hela chiese ai due sottoposti al suo cospetto, se fosse tutto chiaro.
    Beh, no, non lo era: "Stark Tower, Tony Stark, Steve Rogers", un tempo avrebbe risposto che non era chiaro nulla, e che senza precisazioni dettagliate quel tipo di missioni partivano già in modo precario, ma Muhbbor, come adesso si chiamava, aveva imparato ad aver paura anche solo di indispettire la Regina, quindi disse che si, era tutto chiaro.
    Sicuramente avrebbe dovuto riconoscere la figlia di Thor, almeno, una nozione che lo perplesse parecchio in ogni caso.

    Assieme al suo compagno di missione fu catapultato a bersaglio.
    Si ritrovarono in un ambiente pieno di umani indaffarati nel proprio, strano lavoro, i quali cominciarono ad urlare alla loro vista di lì a poco.

    Stupidi esseri, non mi interessate!
    Urlò contro di loro infastidito, poi
    ebbe l'idea di raccogliere informazioni utili, visto che fare una missione in favore dell'anonimato(sarebbe stato meglio, pensava) era ormai impossibile: Ditemi dove trovo Tony Stark e Steve Rogers! Subito, o vi uccido tutti in nome di Hel!.
    Il suo compagno di avventura cominciò a fare danni a caso alle cose attorno: lanciò una stampante rompendo una vetrata divisoria, Muhbbor afferrò al braccio una donna e le ripetè all'orecchio di voler sapere dove fossero questi Tony Stark e Steve Rogers, minacciandola altrimenti di farle molto male.
    In effetti gliene stava già facendo, gli umani erano fragili per Muhbbor, il quale guardando il terrore negli occhi della donna, ebbe un fremito di piacere.
    Non gli sarebbe mai successo prima, ora invece sentiva quasi il bisogno di provare quel tipo di emozione.
    Non avendo alcuna risposta decise di dimostrare la sua determinazione: uccise(molto probabilmente) la donna con un colpo secco al collo.
    Ditemi dove sono Tony Stark e Steve Rogers!
    Urlò con rabbia agli altri presenti inorriditi.
     
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