Lontano presente

Privata singola Carestia - Marcus

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    Pertecipanti:
    Marcus


    Carestia [Marcus liv 5]

    Equipaggiamento:
    ForCenturies, CarpeDiem


    Poteri di Carestia:
    Il potere di Carestia consente di agire direttamente sull'invecchiamento: è dotato di una sorta di aura invisibile, o cappa, che lo circonda ed accelera il tempo di qualsivoglia essere biologico si trovi nel raggio d'azione. Ovviamente l'effetto si manifesterebbe inizialmente come una spossatezza progressiva, per poi degenerare in vero e proprio decadimento man mano che la vicinanza perdura, ed altrettanto ovviamente sarebbe estremamente celere nel caso di organismi molto semplici, ragionevolmente lungo per quelli complessi come umani et similia.

    Raggio d'azione del potere (area di tre metri in ogni direzione per l'ampiezza) e le conseguenze sui giocatori:

    -1 turno: leggero affaticamento, nessuno strascico post partita;
    -2 turni: forte affaticamento, nessuno strascico post partita;
    -3 turni: indebolimento generale, primi segni estetici di invecchiamento precoce come leggere rughe, ciocche brizzolate ecc. Effetto durevole per una settimana;
    -4 turni: fiacchezza diffusa, riduzione dei parametri e difficoltà ad utilizzare le proprie abilità, siano esse tecniche o poteri innati. Segni dell'invecchiamento ben visibili, con rughe più marcate, capelli grigi, calo del tono muscolare. Effetto durevole per due settimane;
    -5 turni: invecchiamento drastico, esteticamente manifesto attraverso perdita di capelli e/o capelli bianchissimi e sfilacciati, sporadici; pelle vizza e giallastra; denti marcescenti e dondolanti; sclere itteriche; profondi solchi; perdita di ogni tono muscolare residuo. Ogni azione fisica complessa è impossibilitata, dalla semplice corsa ad ogni combattimento corpo a corpo ed all'arma bianca. Quello a distanza fortemente limitato. I personaggi dotati di abilità basate su intelletto, esperienza e capacità mnemonica constateranno una severa difficoltà nel concentrarsi, riflettere o richiamare alla mente i propri automatismi. Effetto durevole per un mese;
    -6 turni: demenza senile, con frequenti sprazzi di lucidità. Effetto durevole per un mese;
    -7 turni: demenza senile totale. Effetto durevole fino alla fine dell'evento;
    -8 turni: se non hai ancora capito di doverti spostare... Morte.


    Continuavo a rigirarmi di qua e di là nel letto, alla ricerca di un rifugio sicuro dall'oscurità della notte senza luna. Come loro solito le assi cigolavano in modo strano ad ogni mio movimento e la paglia mi pungeva quasi come se fossi su un giaciglio di spine. La mia mente ruzzolava da un pensiero all'altro, senza che nessuno di essi riuscisse a prendere forma per più di qualche minuto nella mia testa. Eppure, quando mi ero finalmente buttato sul letto ero pervaso da una stanchezza infinita. Le membra mi dolevano per il lavoro di una giornata intera, ed anche la mente era stata messa a dura prova per organizzare le settimane seguenti. Ciononostante Morfeo sembrava non avesse intenzione di farmi visita. Mi voltai per l'ennesima volta, posizionandomi con la pancia rivolta verso l'alto ed allargai le braccia come se dovessero crocefiggermi. A quel punto sbuffai per il nervoso e spalancai gli occhi nel buio cercando di rimanere perfettamente immobile. Le assi del soffitto erano immerse nell'oscurità più profonda, così che io potevo solo immaginarne il contorno, visto che le conoscevo a memoria. Nessun bagliore estorce riusciva a penetrare nei piccoli spazi tra una trave e l'altra. Al contrario, il vento riusciva comunque a strisciarci attraverso, così da raffreddare la stanza in quella notte primaverile. Sbuffai nuovamente infastidito dalla mia mancanza di pace mentale. Rimasi in quella posizione per un tempo indefinito, fino a quando gli occhi mi si seccarono completamente. Aspettai che le lacrime per umettarli facessero capolino tra le mie ciglia, poi li strizzai forte sentendoli bruciare per quelle piccole gocce salate che ridavano sollievo alla mia povera vista. In quel momento però un rumore inatteso mi fece rizzare tutti i peli sul corpo. I miei sensi erano già acuiti dalla mancanza di luce, si allarmarono ulteriormente. Avevo la netta sensazione che ci fosse qualcuno. Lì, nell'angolo più buio della mia stanza si annidava sicuramente una belva pronta ad attaccarmi non appena avessi abbassato le difese. Sentii il battito farsi più veloce e il sangue pulsare veloce nelle vene. Trattenni anche il respiro temendo che il rumore dei miei polmoni, insieme a quello del mio cuore fossero udibili in tutto l'isolato da talmente era forti. infine un velo di sudore freddo mi ricoprì interamente. Continuai a tenere chiusi anche gli occhi; se qualcosa mi avesse attaccato non avrei voluto vedere cosa fosse... Eppure il tempo passava, ma nulla si muoveva. Lentamente ripresi a respirare, fino a quando l'alzarsi e l'abbassarsi del mio petto si fecero più regolari. Inoltre iniziai a sentirmi intorpidito per la posizione e per l'innaturale contrazione dei muscoli. Così, con infinita lentezza, mi girai sul fianco sinistro rannicchiandomi su me stesso e poggiando la schiena contro la parete, in modo da avere un punto di sicurezza. Le sensazioni di terrore che mi avevano attanagliato le viscere fino a qualche minuto fa erano lentamente svanite, lasciando il posto ad un torpore stranamente invitante. Anche il rumore del vento e gli scricchiolii sembravano essersi affievoliti, quindi non ci feci più caso. Lentamente ed inconsapevolmente scivolai in un sonno sempre più profondo e più buio di quella notte di luna nuova.

    [...]

    Tooonnn... Tooonnn...

    Il rumore lontano della campana del villaggio mi destò. Aprii gli occhi sbattendo le palpebre. Erano appannati, così me li strofinai per riuscire a vederci un pò meglio, anche se era ancora tutto buio. Probabilmente non stavo dormendo da molto, ma mi sentivo stranamente riposato e pieno di energie. Sbadigliai rumorosamente e mi stiracchiai nel letto. I miei piedi erano fuggiti dal rifugio sicuro delle coperte e quindi avevano preso le sembianze di due pezzi di ghiaccio. Mi misi seduto nel centro del letto a gambe incrociate, rifugiando le mie pendici tra gli incavi delle ginocchia per scaldarli. Nonostante stessi dormendo tranquillamente l'essere stato svegliato dai rintocchi della campana non mi turbò, anzi mi mise quasi di buon umore. Non sapevo perché, ma ascoltare quei suoni mi dava sempre un certo senso di tranquillità; simile ad una sorta di pace interiore.
    Dal mio giaciglio era possibile raggiungere l'unica finestra del fienile. Quindi gattonai sulla paglia per raggiungerla. Era tonda e non tanto grande, ma la mia testa ci sarebbe passata ampiamente se fosse stata aperta. Appoggiai le mani sul vetro freddo a posizione di C, come se stessi tenendo in mano un grosso cilindro immaginario. Poi guardai fuori. Sotto il fienile nel quale mi ero abituato a dormire si estendevano i campi della famiglia. Quelli che avevo finito di seminare giusto oggi. Non erano molti, ma ci permettevano di sostentarci e di donare anche parte del raccolto alle riserve del villaggio. Infatti non ne conoscevamo il motivo, ma i nostri campi erano gli unici in grado di fornire ben due raccolti per ogni stagione. Perdendomi nei pensieri delle piantine che crescevano rigogliose, guardai in cielo. Le stelle si vedevano benissimo. Vi era anche uno spicchio sottilissimo di luna. Era così fine che si poteva quasi pensare che fosse solo frutto dell'immaginazione. A causa della mancanza della luna però le case vicine erano praticamente invisibili: sagome nere ed imponenti, su uno sfondo pece, nulla di più. In più era talmente tardi che non c'era accesa nemmeno una brace tra i focolari. Mi ritirai leggermente dal vetro, così da vedere il mio volto riflesso tra le C delle mie mani. Il giovane volto di un bambinetto di sei anni vi faceva capolino. I capelli corvini erano scompigliati per il sonno e gli occhi erano due profondi pozzi scuri. Feci un sorriso sornione e sdentato (in più punti) al piccolo me stesso. Ero pronto per tornare a dormire. In fondo non dovevano mancare che poche ore al canto del gallo. Quando mi allontanai ulteriormente dal vetro però il mio cuore mi saltò in gola! Riflessa, insieme al mio volto, vi era un'altra figura sconosciuta! Mi girai di scatto per vedere chi fosse apparso dietro di me senza farsi sentire, ma non appena mi voltai due mani secche con dita ricurve come artigli, mi afferrarono per le spalle facendomi sbattere la schiena contro la parete dietro di me.

    AAAHHH!

    Mi scappò un unico grido di sorpresa e di terrore. Poi, l'attimo seguente la mia gola si serrò e seccò come la sabbia di un deserto a mezzogiorno. Provai ad afferrare le mani che mi tenevano stretto per provare a spingerle via e a liberarmi, ma il toccarle mi provocò quasi dolore. Quegli arti erano così freddi, secchi e duri che sembravano fatti d'acciaio. Sentii le mie dita chiudersi attorno ad avambracci così sottili che potevo sentire ogni singolo osso sotto quella pelle secca, che sembrava fatta di carta crespa. Il volto che avevo visto riflesso nell'oscurità si avvicinò lentamente al mio. Ero in preda al panico. Stavolta lacrime vere cominciarono a rigarmi le guance, ma non potevo farci nulla. Ero inerme, schiacciato dalla forza di quell'orribile sconosciuto, il cui volto si avvicinava inesorabile. Era di un bianco cadaverico e la pelle pendeva verso il basso tirata dalla forza di gravità in modo assolutamente innaturale. Gli occhi erano così infossati che pensai quasi che non li avesse e che le orbite fossero in realtà vuote. Aveva capelli bianchi, sparuti ed avvizziti. Non sapevo che fare e come uscire da quella situazione. Il vecchio si fermò ad un palmo dalla mia faccia. Ero convinto che da un momento all'altro, avrebbe provato ad azzannarmi con i suoi denti marci. Potevo sentire sulla mia pelle il suo alito putrido e il rantolante irregolare del suo respiro. Quasi non mi accorsi che avevo cominciato a tremare come una foglia. Inoltre non riuscivo a capire come fosse possibile che un relitto simile avesse la forza necessaria per inchiodarmi alla parete. Chiusi di nuovo gli occhi sperando che così facendo anche quell'essere potesse scomparire. "È solo un brutto sogno." sperai con tutte le mie forze, ma sembrava impossibile riuscire a svegliarsi.
    Dopo alcuni secondi interminabili e nonostante il terrore dilagante riuscii a chiedere:

    C-Chi s-s-sei? Ch-Che c-cosa v-v-vuoi?

    Balbettai con gli occhi serrati e tremante di paura.

    Io sono TE!

    Disse il vecchio con una voce adulta e profonda. In un qualche modo perverso però la percepii molto simile alla mia.

    Non lasciare che LUI ti prenda!

    Aggiunse. "Lui chi? Chi sei davvero? Cosa vuoi da me?" Avrei voluto urlargli in faccia se solo ne avessi avuto il coraggio e le forze, ma in quel momento la pressione che mi stava immobilizzando svanì nel nulla a le mie dita si chiuderò su se stesse, come se le braccia dell'anziano si fossero dissolte di colpo. Aprii gli occhi incredulo e lo vidi scomporsi in forma gassosa per poi attraversarmi come un'alito di vento. Un gelo innaturale mi permeò le membra e...


    Edited by Betto795 - 24/4/2020, 21:39
     
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    Mi svegliai di soprassalto con il respiro affannato e il cuore che pompava a mille. Feci fatica a mettere a fuoco ciò che mi circondava e per alcuni secondi non riuscii a capire dove mi trovassi. Ero in una stanza del tutto diversa da quella del sogno: era bianca e delle tende color panna smorzavano la luce che entrava dall'esterno. Abbassai lo sguardo e vidi il mio corpo sdraiato su un letto simile a quello di un ospedale, ma per svariati dettagli capii che non mi trovavo in una normale stanza di cura.
    Parecchi tubi e sensori erano connessi al mio fisico. Provai a muovere le braccia. Nonostante i dolori che sentivo in tutto il corpo, rispondevano ai comandi, così mi passai una mano sul volto sospirando per il sogno da cui ero appena scappato. "I ricordi del passato stanno tornando... O era solo un sogno?" Mi chiesi mentre cercavo di ritrovare la calma. Non lo sapevo neanche io, ma fortunatamente tutto era passato, così mi lasciai andare a profondi respiri di sollievo. Una volta ritrovata la calma mi accorsi di un dettaglio a cui non avevo fatto caso: un "plick, plick", regolare era l'unico suono che proveniva dalla stanza. Da un contenitore posto vicino al mio capezzale, scendevano delle goccioline argentee, che poi scorrevano attraverso alcuni tubi, i quali penetravano direttamente nelle mie vene. Potevo percepire il freddo del liquido che entrava in circolo, ma non gli diedi importanza.
    Provai a concentrarmi sul resto delle quattro mura che mi circondavano: erano completamente spoglie, a differenza un grosso specchio circolare appeso sulla parete opposta alla mia. La superficie riflettente mi rispediva l'immagine del mio volto adulto e del mio corpo coperto di vecchie ferite. Infine, vicino alla mia lettiga, vi era una sedia. Sopra di essa riconobbi le mie vesti perfettamente piegate e pulite. Quello che colpì la mia attenzione però fu il giornale che era appoggiato sopra i vestiti. Mi allungai con un piccolo sforzo per raggiungerlo. Un titolo a caratteri cubitali era stampato in prima pagina: "THE DAY 4FTER". Cominciai a leggere e tutto mi tornò alla mente: l'attentato, la missione, il combattimento, tutto! Più leggevo e più la stanchezza riprendeva possesso delle mie membra e della mia mente; fino a quando l'oblio del sonno farmacologico tornò a farmi visita come un vecchio amico. Non riuscii ad arrivare in fondo al testo che persi i sensi.

    [...]

    Nevicava. Nevicava sempre quel fottuto inverno. Osservai il cielo grigio e i fiocchi che vi danzavano sopra, come per magia. Erano perfetti e meravigliosi finche rimanevano sospiri in aria, ma quando finivano la loro discesa sulla terra fredda della trincea tutto tornava alla cruda realtà. In quella fossa ci eravamo rifugiati io e Frank. "Non sarebbe stato un brutto inverno se non ci fosse stata la guerra." Provai a pensare, ma la verità era che le uniche emozioni che riuscivo ad elaborare erano tristezza ed avvilimento per quello che era successo.

    Cazzo Frank è proprio un posto di merda nel quale morire, vero?

    Gli chiesi ad alta voce pur sapendo che non mi avrebbe risposto... I suoi occhi erano chiusi e la sua bocca era abbozzata in un sorriso leggero. Lo osservai per alcuni attimi interminabili. Sulle guance le mie lacrime erano ghiacciate da tempo. Non capivo dove trovasse la forza di sorridere. Sapevo che Frank aveva una moglie e due bambini. Non li avevo mai conosciuti, ma andarli a trovare era il nostro scopo alla fine della guerra. C'era solo il piccolo inconveniente del proiettive che ora albergava nel centro esatto del cuore del mio amico. Quindi io ero rimasto solo. Di nuovo.

    Sapevo che l'esercito militare tedesco era in arrivo, così abbracciai Frank per l'ultima volta, come se anche lui potesse sentirlo. Il suo corpo era ancora tiepido nonostante il gelo che ci circondava. Tale constatazione accentuò ancora di più la mia malinconia. Ero l'ultimo superstite della nostra squadra di fanteria. Gli altri plotoni ci avevano preceduti e noi eravamo rimasti lì, in attesa della cavalleria. "La stramaledettissima cavalleria che non si era fatta viva!" Urlai così forte nella mia testa che quasi mi fece male. Provavo una rabbia incontenibile al solo pensiero, ma avevo finito anche le lacrime per sfogarla. Ormai non c'era più speranza, tutto sarebbe finito anche per me e forse sarei andato in un posto migliore. Forse.
    Pensai anche che avrei potuto provare a difendermi con i miei poteri, ma la terra tremava sempre di più ed io sapevo che i nemici erano troppi perché riuscissi ad uscirne vivo. Quindi rimasi lì, immobile, abbracciato al corpo del mio commilitone. Continuavo ad osservare la neve che lentamente ci ricopriva e un'illuminazione mi colse impreparato. "Beh, forse posso fare ancora qualcosa di utile." Pensai nonostante lo scoraggiamento. Così cercai l'ultima sigaretta d'importazione che tenevo al sicuro (nella mia divisa) ormai da settimane. La accesi e tirai una profonda boccata a pieni polmoni. Mi godetti l'odore e il sapore acre del fumo che si spandeva dentro ed attorno a me. In seguito cercai una vanga e con le ultime forse cominciai a scavare una fossa per il mio amico sorridente. Se dovevo andarmene avrei dato una degna sepoltura e qualcuno che se lo meritava. Guardai Frank e gli sorrisi di rimando. Poi cominciai a scavare. Dapprima lentamente, poi sempre più velocemente, accanendomi contro quella terra ghiacciata che si opponeva ai miei sforzi. La vanga non era d'aiuto: mi tagliava i palmi delle mani che iniziarono a sanguinare rendendo il compito ancora più difficile. Tutto era contro di me: non c'era il tempo, non c'erano i mezzi, non avevo le energie... Con tutti questi pensieri negativi nella testa iniziai ad imprecare con rabbia contro tutto e tutti. Neanche il mio ultimo desiderio mi era concesso? In preda all'isterismo mi dimenticai della protezione offerta dalla trincea e mi ersi in piedi superando il bordo di sicurezza. L'esercito era vicino. Troppo vicino.
    Uno sparo riecheggiò nell'aria. Mi immobilizzai immediatamente. Un brivido di terrore mi attanagliò le viscere mentre cercato di capire ciò che era successo. Poi, un calore quasi confortante iniziò a propagarsi dal lato destro del mio corpo. Mi tastai con la mano in quel punto. Le dita si tinsero di un rosso più profondo e minaccioso rispetto a quello che avevo sui palmi. In quel momento capii che presto avrei raggiunto Frank. Nonostante i miei sforzi, nonostante i miei poteri, era così che doveva andare. Caddi sotto il mio stesso peso e ruzzolai in quella mezza fossa che avevo cercato di creare. Come se non bastasse, per una sorta di scherzo del destino urtai il mio compagno, il quale mi cadde addosso coprendomi la visuale del cielo e della neve. Provai a spostarlo per liberarmi, ma l'ultimo barlume di energia mi aveva abbandonato. Il freddo prese il sopravvento e nonostante le mie convinzioni e il coraggio che credevo di avere cominciai a tremare come un topo in gabbia. La reazione incontrollata del mio corpo mi fece odiare me stesso, la mia debolezza e la mia inettitudine. Le lacrime che credevo di aver finito riaffiorarono e solo la mia mente era ancora in grado di agire: "Il mondo è davvero un posto per bastardi, non è vero Frank? Sai, sotto sotto lo sapevo, è così che un bastardo come me deve andarsene." Fu questo il mio ultimo pensiero prima di...


    [...]

    Mi svegliai di nuovo nella stanza bianca. Non c'erano più fili e tubi attaccati al mio corpo, mentre il giornale era tornato al suo posto: sulla sedia, sopra i miei vestiti. Sospirai con tristezza. Lo immaginavo già, ma ora più che mai avevo la conferma che c'erano ricordi che avrei preferito non recuperare. Mi accarezzai istintivamente la cicatrice appena sotto la clavicola destra. Quella che (ora lo sapevo), mi ero fatto in guerra.
    La stanza era meno illuminata rispetto a prima e la luce che filtrava tra le tende aveva un colore più caldo. Doveva essere l'imbrunire. "Dello stesso giorno giorno o di un giorno nuovo?" Difficile dirlo. I dolori che avevo provato però erano spariti. Adesso mi sentivo bene.

    Scostai le coperte e scesi dal letto. Ero completamente nudo. Mi rivestii lentamente assaporando quel momento di quiete. Sapevo di essere ancora in guerra, ma stavolta sarebbe stato diverso. Tutto sarebbe stato diverso. Adesso, non ero più debole. Adesso, sarei stato forte ed avrei usato questa nuova forza per LA CAUSA.

    Uscii dalla stanza e cominciai a camminare per i corridoi della struttura alla ricerca del Maestro. In quel momento il presente ed il passato erano così vicini, che mi sembrava potessero toccarsi.

    [ESCO]
     
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    Privata decisamente misteriosa, quanto interessante. Marcus è un personaggio molto affascinante: enigmatico, pieno di carisma, e soprattutto in possesso di un potere fighissimo: il tempo.
    E a quanto mi sembra di capire, stai iniziando a svelare qualcosa del suo passato misterioso, e ciò stuzzica non poco la mia curiosità.
    Sono presenti un paio di lievi errori, ma immagino siano i soliti errori di battitura che affliggono tutti noi, per il resto non ho nulla da dire per quanto riguarda la forma dello scritto.
    In poche parole: ottimo lavoro :cool:

    Detto questo, ti assegno 25 punti

    FINE AVVENTURA

     
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